Intervista a Paolo Fabbri – Bologna-Rimini, luglio 2017


Da: Paola Donatiello, Francesco Galofaro e Gerardo Ienna (a cura di), Il senso della tecnica. Saggi su Bachelard, Bologna, Esculapio, 2017.


Introduzione

Questo momento di dialogo nasce dalla necessità di interrogare la voce di Paolo Fabbri per approfondire quali siano stati i punti di contatto e riflessione tra Teoria Semiotica e il pensiero bachelardiano. L’intervista è guidata da una volontà archeologica ed epistemologica al tempo stesso. Alla luce delle recenti riflessioni tenute nell’ambito del Seminario sui Fondamenti (Università di Bologna), Bachelard è risultato una figura su cui il dibattito deve essere ri-orientato, con l’obiettivo di ridiscutere alcuni aspetti del suo pensiero.
Ci si propone, ad esempio di ricostruire la genealogia dei concetti di ontologia regionale (Husserl), regionalismo epistemologico (Bachelard) e quello di campo disciplinare (Bourdieu). Ci si propone, inoltre, di comprendere la genealogia che porta alla lettura di un doppio-Bachelard, tra “teoria scientifica” e “discorso poetico o fenomenologico”.
Si è sentita la necessità di ritornarne a Bachelard – da qui le ragioni di questa intervista, comuni d’altronde a tutto il lavoro che soggiace al presente volume – ai rapporti e alle relazioni intercorse tra Teoria Semiotica e teoria bachelardiana, in quanto centri del dibattito scientifico francese.
Bachelard sembra essere una costante sia rispetto alle riflessioni in ambito di linguistica e semantica strutturale, sia nell’elaborazione della letteratura scientifica di prospettiva post-strutturalista più tarda, campo in cui la semiotica ha contribuito attraverso gli studi sul discorso e discorsività. L’influenza di Bachelard si può leggere nelle riflessioni sui concetti di figura e figuratività, spazio e spazialità, locuzione ed enunciazione, termini chiave del metalinguaggio e della teoria semiotica.
In questo senso la voce di Paolo Fabbri ci è sembrata adeguata a sciogliere rapporti e relazioni tra Greimas e Bachelard, passando per la fenomenologia, per comprendere in che modo si possa parlare di un apporto del pensiero bachelardiano per l’elaborazione della Teoria Semiotica e per dialogare rispetto e accanto a tutte le prospettive del pensiero post-strutturalista contemporaneo, che guardano a Bachelard come a un punto di riferimento per i propri fondamenti, e non solo le proprie origini.

Donatiello-Galofaro-Ienna: iniziamo con il mettere in questione alcuni dualismi nel pensiero di Bachelard. Certa letteratura riscontra una netta opposizione tra il Bachelard del discorso scientifico e quello del discorso poetico. Invece, secondo altri autori, il dualismo è da individuare tra la sua riflessione epistemologica e l’analisi della figuratività. Da dove viene questa lettura contemporanea secondo cui esisterebbero “due Bachelard” opposti tra loro? O si può parlare di una falsa opposizione? Come dimostrare una possibile organica unità/unitarietà dei suoi studi?

Paolo Fabbri: per rispondere alla questione del Bachelard duale sarebbe opportuno riferirsi a due degli autori che ne hanno affrontato con cura le problematiche. L’epistemologo francese F. Dagognet, noto per il libro sui linguaggi della chimica, ma poco tradotto in Italia, situa Bachelard attraverso una biografia intellettuale molto ben fatta1. Anche G. Canguilhem, maestro di Foucault, dedica a Bachelard due capitoli del suo maggior libro2 e predilige la versione che tra i “due Bachelard” vi sia un felice incontro. Per Dagognet invece i due Bachelard sono uno il rovescio l’uno dell’altro: la poetica, e l’epistemologia sarebbero costruite in modo che attraverso l’una si possa comprendere, specularmente, anche l’altra.

D.-G-.I.: il pensiero di Bachelard è stato mai discusso a Urbino?

P.F.: no, e trovo che sia stata una mancanza grave, ma rimediabile. Vi chiedete a cosa sia stato dovuto? Forse al fatto di uno scavalcamento culturale a cui ho assistito quando a metà degli anni 60 arrivai in Francia. Il pensiero di riferimento allora era quello di Merleau-Ponty, la cui fenomenologia strutturale aveva sostituito l’esistenzialismo già imperante. Allora, come ancor oggi, sia Sartre che Bachelard apparivano come ormai sfocati e dell’ultimo rimaneva più il riferimento agli studi poetici che a quelli sull’epistemologia e storia delle scienze.

D.-G-.I.: in Semantica strutturale (1966) Greimas cita Bachelard: era un autore molto letto nella Francia degli anni 60? Pensiamo ad autori quali Roland Barthes e al concetto di immagine – commentato da Lavers. In un passo (1982, p. 37) l’autrice sottolinea che Barthes stimava la concezione bachelardiana dell’immagine come “gruppo di trasformazioni potenziali”. Attraverso quali influenze Greimas arriva alla lettura di Bachelard?

P.F.: eccetto pochi riferimenti espliciti Greimas non parla molto di Bachelard. Tuttavia gli si avvicina nei suoi primi lavori che avevano come obiettivo polemico gli archetipi junghiani e le letture tematiche dell’immaginario nello stile di G. Durand, nonchè il simbolismo collezionistico alla M. Eliade.
A Greimas l’analisi bachelardiana interessa non per la ripartizione “universale” degli elementi materiali, ma per l’articolabilità di questi valori; diversamente da C. G. Jung, Bachelard giungeva per Greimas “alla soglia dell’analisi semica” quando intuiva nel discorso poetico (La Poetica dello spazio) l’opposizione tra la mollezza e la durezza, lo statico e il dinamico, come categorie presupposte dall’opposizione figurativa tra terra e acqua (Semantica Strutturale).
Direi che, nelle sue ricerche, Greimas ha esplorato le potenzialità operative del pensiero bachelardiano. Faccio riferimento ai suoi lavori sui miti3 e allo studio delle articolazioni valoriali in Maupassant. Esercizi pratici4. Quando ha focalizzato il concetto jacobsoniano di funzione poetica in Per una teoria del discorso poetico (1972), ha ripreso la correlazione tra categorie di significante e significato, approdando al concetto di semisimbolico.

D.-G-.I.: Bachelard a quei tempi era un riferimento degli studi di critica del motivo o di critica tematica, grazie ad opere come Lautréamont (1939), che fu punto di riferimento anche per gli studi sulla poesia simbolista della critica strutturalista francese. Da parte di quest’ultima vi era interesse o competizione rispetto alla critica bachelardiana?

P.F.: su questo punto direi che La rivoluzione poetica (1974) di Kristeva attraverso una lettura pulsionale, in cui l’articolazione boccale riproduceva la disposizione somatica è inaccettabile. Leggere Mallarmé alla luce di sonorità labiodentali intese come distruttive e le consonanti sibilanti come uretrali… Un poeta come J. Roubaud l’ha scritto senza mezzi termini.
Qui una breve parentesi è d’obbligo: Roland Barthes, dai Miti d’oggi (1957) fino agli ultimi corsi sul Neutro5, utilizza moltissimo Bachelard, esplorandone il versante dedicato agli studi poetici. Il primo esempio è quando parla del pane, e dell’immaginario materiale dell’impastatore o delle immagini poetiche del fabbro (“le rêveries della volontà”) o del vasaio. Alla fine degli anni 70 nei corsi sul Neutro, Barthes dimostra di conoscere Bachelard: per il professore di Semiologia della letteratura del Collège de France, la struttura connotativa del luogo comune, della doxa quotidiana piccolo borghese, è caratterizzata da categorie come la consistenza e la densità del discorso ideologico. Il riferimento a Bachelard serve ad elaborare la categoria di consistenza, relativamente agli studi semiotici sul socioletto o l’ideosfera.
Tornando a Greimas, è opportuno precisare che non ha mai seguito Barthes nelle sue analisi sul mito, che sono all’origine della teoria narrativa e delle ricadute dello storytelling. Greimas inizia a studiare la mitologia nel 1963 grazie alle scoperte di G. Dumézil, alla discussione con C. Lévi-Strauss6, con V. Propp e alla lettura di M. Detienne7. Il mito per lui non corrisponde a un genere testuale; preferiva parlare di mitismo, una qualità che può investire discorsi e pratiche molto varie e disparate. Comunque nello studio delle mitologie e del folklore lituano si trovano molte riflessioni, sull’articolazione cosmologica dell’elementale. Un esempio: i cimiteri della Lituania folklorica si trovano in fondo all’acqua, mentre in altre culture il cimitero è aria e fumo delle pire, come in India, nell’antica Grecia e nella stessa Lituania, prima della conversione al cristianesimo (Fabbri 2017).

D.-G-.I.: cosa si intende per elementale? Che ruolo ha nell’elaborazione della definizione della costellazione metalinguistica dei termini “figurativo”, “figura” e “figurativizzazione”? Basti guardare ai riferimenti contenuti nei lemmi dizionariali “figura”, “semantica discorsiva” (Greimas, Courtés 1979, 1986). A questo proposito, forse non è solo l’idea di sema a essere stata influenzata dal contatto col pensiero bachelardiano…

P.F.: preciso che elementale è un termine che utilizzo io. Con esso faccio riferimento alla dimensione elementare degli elementi della materia, che si trasforma – hjelmslevianamente – in sostanza una volta investita nella forma. Nel Maupassant, quando meditava sulle strutture assiologiche, sociolettali e idiolettali, cioè individuali e collettive, Greimas specifica in una nota che a quello stadio non era ancora possibile “dare giudizi sulla canonicità della disposizione dei quattro termini sul quadrato semiotico” (Greimas 1976, pp. 126 e sgg.)8. Ad es., già nel ’66, Greimas non ritiene diametralmente opposte l’acqua e la terra. Pensate al fango: il fango è acqua e terra insieme. Eppure si trova più volte a trattare le figure bachelardiane negli studi sugli universali semantici: cosmologici, come natura e cultura o esistenziali, come vita-morte. Prendiamo l’esempio degli zombie9: un mito contemporaneo che articola l’opposizione vita-morte attraverso il marcio che è un termine complesso del secco e dell’umido…
Nelle ricerche volte ad articolare teoricamente le strutture figurative, Greimas pone le categorie elementali alla base del figurativo10. Non si tratta di universali, nonostante la grande generalità: all’interno della testualità culturale, specie quella non scritta, vi sono però addensamenti11 che dimostrano un’estrema diversità di articolazione, figurativa e valoriale. Per ricostruire il dibattito che porta a parlare di elementale in questi termini, ricordo che negli anni 80 ferveva la discussione intorno al concetto di figuratività. Nel capitolo che Greimas dedica all’isola di Robinson Crusoe nel romanzo di M. Tournier si trova una riflessione in cui vengo chiamato in causa:

si pone un problema di ordine più generale. Analizzando da vicino le ‘figure del mondo’ descritte da Bachelard, Paolo Fabbri ha messo in causa il loro carattere obiettivo – il loro statuto di oggetti ‘pregnanti’ – segnalando la presenza insistente di soggetti all’interno delle descrizioni dei principali temi bachelardiani. La soggettivazione della goccia d’acqua fatta da Michel Tournier ripropone, nella sua specifica maniera, la questione del ruolo assunto dal soggetto nell’elaborazione della presa estetica (Greimas 1987, p. 33).

Quel passaggio, ad esempio, scaturì da una discussione intorno al concetto di “rotondità”. Per Greimas si trattava di una proprietà spaziale, per me la “rotondità” non poteva essere in sé, ma andava colta fenomenologicamente, in quanto attivamente percepita. Per esempio, la rotondità visuale, eidetica del cespuglio, risponde al movimento del gesto, per esempio della carezza. (A questo proposito ho poi trattato l’argomento nel saggio Il significante del mondo12). Inoltre, rispetto al pensiero di Bachelard, un altro elemento saliente per lo sviluppo dell’approccio analitico di Greimas è la ripresa di un’opposizione, tra le categorie di corpuscolare e ondulatorio13 che caratterizzano la natura fisica, elementale della luce. I due concetti – già segnalati da Dagognet e da Canguilhem – hanno influenzato la teoria greimasiana, dalla Semantica strutturale fino alla Semiotica delle passioni. Questa opposizione tra discontinuo e continuo è applicabile come una metafora operativa per la linguistica strutturale14. Per stabilire ad esempio la differenza tra la sintassi, corpuscolare e l’intonazione, ondulatoria; anche il cosiddetto soprasegmentale della prosodia può essere descritto in entrambe le maniere: come continuo e come discontinuo, vedi il picco dell’accento. Quanto alla narratività in storia naturale basti pensare all’idea continuista dell’evoluzione darwiniana, e all’ipotesi discontinuista di una sequenza vitale punteggiata dalle decimazioni (S. J. Gould). L’opposizione ondulatoria e corpuscolare è operativa in Greimas fino alla conclusione del suo percorso intellettuale: all’integrazione della dimensione passionale nel percorso generativo, e la postulazione conseguente di “ombre di valore”, “quasi-soggetti” e “quasi-oggetti”15. Alla dimensione cognitiva Greimas attribuiva infatti una struttura corpuscolare, ondulatoria invece a quella emotiva.

D.-G-.I.: a questo proposito, richiamarsi a Bachelard sembra essere alla base di un tentativo, quello di tenere insieme i due strutturalismi: quello hjelmsleviano, puramente differenziale, incentrato sulle funzioni, e quello jakobsoniano, che mira all’identificazione di unità elementari. D’altronde Greimas lo afferma anche nell’intervista curata da Zinna16

P.F.: a livello epistemologico, in questa necessità di Greimas di tenere insieme i due livelli, rivedo molto le modalità di pensiero di Bachelard: da un lato la teoria scientifica e dall’altro il poetico. A lungo andare tuttavia, così come in fisica, non troviamo una opposizione ontologica, ma un prospettivismo nella maniera di costruire mondi (N. Goodman). I fenomeni di senso possono essere considerati, in base al punto di vista del ricercatore, sia come ondulatori che come corpuscolari, in funzione delle strategie costruttive di oggetti analizzati da diversi punti di vista.

D.-G-.I.: ne Il razionalismo applicato17 di Bachelard, secondo l’approccio tipico dell’epistemologia storica, si legge che il fenomeno elettrico nel Settecento era molto agganciato alla materia. Inoltre secondo Bachelard le concezioni settecentesche di aria-acqua-terra-fuoco costituiscono una cosmologia. Nel corso del tempo Bachelard nota come l’elettricità si sia finalmente affrancata dai modelli settecenteschi, e inoltre viene rilevato come, man mano, dell’elettricità si sia costruito un concetto più astratto proprio grazie alla fenomenotecnica. Il termine cosmologia viene utilizzato anche da Greimas nel 1966: dentro al linguaggio si può rinvenire un universo cosmologico…

P.F.: …e così nel mito. Anche la nozione di ritmanalisi può essere rilevante per la semiotica discorsiva. Le riflessioni di Bachelard sulla scansione processuale sono legate al dibattito sulle rotture epistemologiche18. Un concetto che è migrato da Bachelard, via Canguilhem nell’opera di Foucault, che prenderà poi le debite distanze, insistendo sulle inflessioni, le modifiche… insomma dal corpuscolare all’ondulatorio! Mentre nella cultura scientifica Bachelard individuava rotture di senso, in poesia reperiva piuttosto elementi continui. Probabilmente è l’influenza psicanalitica su Bachelard, il quale proponeva di denominare dei complessi come quello di Edipo o di Narciso: per esempio, un complesso amletico di Ofelia nel trattamento “acque dormienti”. Ci sono luoghi poco esplorati del pensiero duplice di Bachelard: la correlazione tra metafore poetiche e concetti epistemici. Su tutto questo andrebbe riletta la speculazione originale di Cl. Zilberberg19.

D.-G-.I.: uno dei motivi di questo volume è che in Bachelard vi sono riprese del pensiero di Husserl: il concetto di regionalismo epistemologico e quello di ontologie regionali. Spesso Bachelard è in polemica con Husserl. Sulla psicanalisi, ad esempio, possiamo dire che Bachelard critica Husserl per il suo antipsicologismo, atteggiamento che non spiega l’impatto che queste trasformazioni hanno sullo scienziato stesso… come se volesse psicanalizzare lo scienziato!

P.F.: è vero, Bachelard oggettiva i fenomeni, indaga il funzionamento di quei processi che in semiotica sono definiti come esiti del débrayage scientifico. Ma nell’analisi della poesia è indotto a “re-embrayare” sulla soggettività. A differenza d’un certo post-behaviourismo contemporaneo, per Bachelard tecnologia e soggetti si costruiscono reciprocamente e in quest’ambito anche la semiotica ha lo spazio enunciativo per pronunciarsi.

D.-G-.I.: negli anni in cui F. Bastide e B. Latour muovevano i primi passi come studiosi si iniziava a discutere del ruolo interpretativo del ricercatore. Quale la ricezione di Bachelard nel pensiero francese contemporaneo? Quali altri autori per arricchire il dibattito semiotico sulla fenomenotecnica?

P.F.: Françoise Bastide – con cui ho scritto un testo fondativo di semiotica nucleare – era una chimica, non aveva una formazione epistemologica specifica. I suoi studi di semiotica, tradotti in italiano con il volume Una notte con Saturno20, sono legati al dibattito intorno al figurativo – lo studio delle trasformazioni elementali nella sperimentazione chimica o nell’alchimia della cucina. Non credo s’interessasse alla demarche di Bachelard, ma condivideva nello studio dei testi e delle pratiche sperimentali la vocazione scientifica della semiotica. Quanto a Latour, che considera la semiotica greimasiana una delle due “mammelle” del suo pensiero (l’altra è l’etnometodologia di Garfinkel), ha preso sempre le distanze dalla tradizione bachelardiana per inaugurare un nuovo filone di sociologia delle scienze, poi una “filosofia empirica” dei modi di esistenza. Lo trovo più legato alla lettura di Dagognet e al concetto di fenomenotecnica. A Latour interessa il concetto di tecnica come montaggio di forme e di sostanze diverse, continuamente trasmutate e riarticolate; lascia intendere talvolta che Bachelard abbia intuito questo aspetto, ma non l’abbia svolto.
Sull’argomento Peter Galison direbbe, al contrario, che la scienza avanza attraverso la costruzione e l’impiego creativo delle tecnologie. Nella Fenomenotecnica, gli elementi diventano protesi e strumenti, allorquando i concetti astratti incontrano certe sostanze del mondo: il figurativo si muta in configurativo per diventare in seguito pratica operativa. Per Bachelard la scienza procede per via di pensiero e gli strumenti, le tecnologie sono teoremi reificati21.
Il proposito di Michel Serres, sul rapporto della tecnoscienza all’immaginario è assai diverso. Per lui, la letteratura – per esempio i romanzi di Jules Verne22 – è più dell’equivalente poetico in Bachelard: essa anticipa il non-detto o il provvisoriamente indicibile della scienza. Le scienze agirebbero insomma a partire da una fenomenologia del poetico e delle sue qualità mitiche: l’organizzazione delle sostanze e degli elementali è ciò che la scienza rielabora e trasforma, generando poi nuovi effetti figurativi e algoritmi narrativi. Penso di nuovo alle figure dell’acqua in Bachelard e alle considerazioni di Serres su Il superbo Orinoco (1898) di Verne: la tensione tra le acque salate e mortifere, e quelle dolci e salvifiche oppure tra le dormienti e le violente.

D.-G-.I.: Bachelard è considerato tra i fondatori del costruttivismo. Il suo pensiero è importante sia per la riflessione sulla fenomenotecnica, sia per il suo contributo al razionalismo. L’epistemologia bachelardiana ha influito su quella semiotica? Quali sono stati gli ambiti di riflessione delle sue proposte? È interessante riprenderle, oggi, dato che il costruttivismo è attaccato dai filosofi del “nuovo realismo”?

P.F.: nel vieto dibattito sul realismo, si parla per lo più di oggettivismo mimetico. Invece l’aspetto più sorprendente per il semiologo è il “realismo” della soggettività enunciante: si confondono infatti gli eventi di locuzione – qualcuno che parla di qualcosa a qualcuno – con le diverse istanze della enunciazione. Il locutore non va confuso con le diverse posizioni manifestate dalla discorsività e dalle pratiche significative che sono posizioni salienti per comprendere l’efficacia discorsiva e la costruzione di mondi.
L’idea stessa di positività, mal compresa dalle posizioni realiste, è una costruzione che muta e si trasforma.Ciò che si è detto per la duplice definizione della luce si può ridire per la nozione di “realtà”. Spiace ripetere delle ovvietà, ma il concetto settecentesco di realtà è differente da quello ottocentesco, così com’è differente da quello contemporaneo. Bachelard ha sempre insistito sull’autonomia dell’attività scientifica. Oggi, dopo gli studi sulla sua dimensione sociale si ritiene che l’oggetto di scienza – umana e sociale, “morbida” o dura che sia – sia costruito intersoggettivamente e che il ricercatore è implicato dall’esperienza a cui partecipa. Fa parte delle mie premesse e ne sono convinto ancor di più dagli studi di L. Daston e P. Galison e23 sulla relazione mutante tra soggettivo e oggettivo. Per loro il senso moderno della parola Oggettività sarebbe “il risultato di un voltafaccia storico”. Nell’accezione scolastica e fino a Kant, l’opposizione o la correlazione tra i due termini significava il contrario dell’uso odierno. “Il termine ‘oggettivo’ rinviava alle cose così come si presentano alla coscienza, mentre la parola ‘soggettivo’ si riferiva alle cose in sé”. Chissà che ne pensano i realisti in ultima istanza! Comunque soggettività e oggettività vanno disposti intersoggettivamente.

D.-G-.I.: in una semiotica che lavora per la scienza, qual è il posto della tecnica? Latour parla di tecnica in modo astratto: tecnica legale, retorica o morale (pensiamo a Loyola). Se la fenomenotecnica non si limita a studiare il fenomeno ma a produrlo, è possibile parlare di semiotecnica, dove la semiotica stessa produce il senso?

P.F.: se si eccettua la tecnica retorica della manipolazione, Greimas non si è occupato direttamente di problemi della tecnologia. Oggi, a partire dai dispositivi di débrayage ed embrayage, possiamo pensare, ad esempio, al problema delle protesi, senza riduzioni ergonomiche. Per questo tipo di riflessioni sarebbe utile fare riferimento a G. Simondon24, che ci aiuta a pensare la complessità dei sistemi tecnici, senza ridurli a teoremi reificati o ad adattamenti somatici.
In ogni caso la tecnologia pone al semiologo problemi di montaggio chimerico, cioè di elementi che appartengono a sistemi elementali e a configurativi attraverso di strategie complicate di débrayage ed embrayage, di produzione di soggettività e oggettività, entro un ordine intersoggettivo di generazione e trasformazione di mondi e modi di esistenza. Ricordo che costruendo un modello di conduzione elettrica dell’orecchio, il premio Nobel R. Bàràny aveva completato l’apparecchiatura fisica col proprio braccio: una chimera tecnica…
Credo che per gli strutturalisti esista una dimensione propriamente semiotecnica: la tecnologia retorica o la tecnologia etica: manipolazioni discorsive molto complesse di senso e di valore da esaminare in termini di contrasto e conflitto. Una semiotecnica mantenuta in stretto rapporto con la questione valoriale, con gli studi sulla fisionomia polemologica delle articolazioni narrative. Sul senso infatti ci si batte e si discute, si replica e si risponde, si creano sinonimie e si attivano antinomie semantiche e pratiche.
(Io apprezzo autori di scienze umane come E. Goffman o T. Shelling che pensano in termini di conflittualità. Più ancora lo struggle for life di Darwin e i sintomi di Freud, forme di compromesso tra istanze confliggenti).
La semiotica è l’affermazione del contrasto nella semantica e del conflitto nella narratività. Contro il “pacifismo referenzialista” – che vorrebbe rappresentarsi il mondo per analogia e somiglianza – va ricordato il legame indubitabile tra la scienza modello del XX secolo, la fisica e la guerra – anche se non è il caso della biologia.
D’altronde, nella stessa semiotica, col suo paradigma bicefalo peirciano e saussuriano, la controversia teorica è all’ordine del giorno. Ed è bene che sia così: diamo spazio all’antitesi senza anticipare il cerchiobottismo della sintesi.


Note

  1. Dagonet 1965. torna al rimando a questa nota
  2. Canguilhem 1968, pp. 173-210. Sull’argomento cfr. Canguillhem e Lecourt (a cura di F. Bonincalzi) 1997. torna al rimando a questa nota
  3. Greimas 1985, 1995, 2017. torna al rimando a questa nota
  4. Greimas 1976. torna al rimando a questa nota
  5. Barthes 2002. torna al rimando a questa nota
  6. Greimas 1970, pp. 194-241. Sull’argomento cfr. “Intervista a Paolo Fabbri”, in Donatiello, Mazzarino 2017. torna al rimando a questa nota
  7. Cfr. Bibliografia, voce Detienne 1981. torna al rimando a questa nota
  8. N.d.R.: i termini sul quadrato semiotico in discussione sono riportati nel seguente ordine “s1 fuoco, s2 acqua, non-s2 aria, non-s1 terra”. torna al rimando a questa nota
  9. Fabbri 2013. torna al rimando a questa nota
  10. Greimas 1984. torna al rimando a questa nota
  11. Cfr. infra Marsciani, F., Dall’immagine poetica alla fenomenologia dell’immagine. Sull’argomento cfr. Greimas 1966, Greimas, Courtés 1979 (voce: “Densità semica”). torna al rimando a questa nota
  12. Fabbri 1990. torna al rimando a questa nota
  13. Bachelard 1934, 1951. torna al rimando a questa nota
  14. Greimas, Courtés 1979 (voce: “Istanza”). torna al rimando a questa nota
  15. Greimas, Fontanille 1991. torna al rimando a questa nota
  16. Greimas 1986. torna al rimando a questa nota
  17. Bachelard 1949. torna al rimando a questa nota
  18. Bachelard 1949, 1967. Il concetto è stato ripreso da Foucault 1964 e Althusser, 1965. torna al rimando a questa nota
  19. Fontanille, Zilberberg 1998. torna al rimando a questa nota
  20. Bastide 2001. torna al rimando a questa nota
  21. Bachelard 1933. torna al rimando a questa nota
  22. Serres 1974. torna al rimando a questa nota
  23. Galison, 1997 e Galison, Daston 2007. torna al rimando a questa nota
  24. Cfr. infra Bontems, V; Guy, T., L’étude des lignées phénoménotechniques. De Bachelard à Simondon et aus “micromegas”. Sull’argomento cfr. Simondon 1958, Sarti, A., Montanari, F., Galofaro, F. (a cura di) 2015. torna al rimando a questa nota

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