Cosa stiamo facendo per ricordare Fellini?


Intervista con Isabella Ciotti, Il Journal, 31 ottobre 2013.


Nel giorno del ventennale della morte di Federico Fellini è il caso di chiedersi cosa si è fatto in questi anni e quanto si può ancora fare per salvaguardare questo fondamentale pezzo di storia dell’Italia. Ne abbiamo parlato con Paolo Fabbri

Dal “pataca” di Amarcord al “vecchio Snaporaz” della Città delle donne Federico Fellini ha passato in rassegna un’umanità intera. Ma come abbiamo ripagato, noi che siamo i suoi personaggi, il suo generoso omaggio? Lo chiediamo al semiologo Paolo Fabbri, ex direttore della Fondazione Fellini, nata nel 1995 per volontà della famiglia del regista e oggi purtroppo in liquidazione. Speriamo non faccia la stessa fine la memoria di Federico, ancora sparsa qua e là tra Rimini, l’Italia e il mondo.

L’Italia sta facendo abbastanza per ricordare Fellini?

Direi che tutto sommato quest’anno si è fatto parecchio, dal Festival di Bari a quello di Busto Arsizio, al restauro di diverse opere. Anche Rimini, che in passato non si è particolarmente impegnata a celebrare Fellini, quest’anno si è data da fare. Il problema è che le iniziative in Italia non hanno ancora assunto una dimensione internazionale, non c’è dialogo con gli studiosi stranieri. Ci sono esperti del cinema di Fellini, come il celebre autore americano Peter Bondanella, che lavorano anche in Italia e non vengono proprio considerati, né consultati.

Quindi è vero che all’estero si continua a fare di più?

A livello internazionale c’è un vero e proprio scatenamento su Fellini. A Bogotà e a Buenos Aires ho visto gente accalcarsi per vedere i suoi film, mentre da noi spesso non si riesce nemmeno a riempire una sala. Il New York Times, forse il giornale più importante a livello mondiale, gli ha dedicato recentemente un’intera pagina (http://www.nytimes.com/2013/06/09/travel/in-rimini-looking-for-fellinis-world.html), e per scrivere il suo articolo l’autore si è recato proprio a Rimini. La cosa ovviamente non ha suscitato il minimo interesse nella città. E proprio in questi giorni l’ambasciata francese in Italia ha presentato a Torino la versione rinnovata delle memorie di Casanova per un confronto con il racconto che ne ha fatto Fellini.

Perché il nostro paese non riesce a valorizzare uno dei suoi più grandi registi, il più amato nel mondo?

Quello che manca in Italia è la ricerca. A questo serviva la fondazione, prima di scoprire il debito di 700mila euro. Io e Pierluigi Celli (ora Presidente dell’ENIT), abbiamo cercato di farla funzionare finché non hanno deciso di chiuderla. Fellini è una figura straordinaria, la cui complessità intellettuale offre delle possibilità di studio che vanno ben oltre la cinefilia. Basti pensare al suo gusto per il teatro, il circo, il disegno. E invece c’è chi ancora parla di lui come di un “vitellone”.

Anche da Rimini ci si aspettava un impegno maggiore. In cosa ha fallito la città natale di Fellini?

L’errore è stato affidare la memoria del regista ai funzionari comunali, che per quanto si impegnino non hanno gli strumenti culturali per riuscire a rappresentare Fellini nel mondo. Le iniziative continuano a essere poco originali e troppo legate al contesto locale. Si invita la nipote perché racconti i soliti aneddoti, si ingaggiano band e artisti del posto, si programmano film nella piccola cineteca del Comune. Questo è strapaese, campanilismo puro. Per presentare il film “E la nave va” hanno invitato Alessandro Baricco. È come andare al ristorante e prendere la grigliata, non è proprio sofisticato. Un po’ di adesione a questi eventi c’è, ma la qualità è un’altra cosa.

Possono queste mancanze essere il frutto di quel rapporto di reciproca indifferenza tra Rimini e Fellini, spesso dibattuto in questi anni?

Personalmente non ho mai creduto a questa indifferenza tra Fellini e la sua città. Se sfogliamo il Libro dei Sogni ad esempio, vediamo che il regista sogna spessissimo Rimini. C’è un sogno in cui Fellini è al porto e vede davanti a sé un uomo che sta nuotando. Quando lo chiama per avvertirlo che è pericoloso stare in acqua l’uomo si volta e Fellini scopre che si tratta di Picasso, il quale gli risponde “Vieni, vieni che qui c’è il pesce buono!”. Il suo più grande modello guarda caso appare proprio nel porto di Rimini.

Passate le celebrazioni per il ventennale, che ne sarà secondo lei di Fellini? Si inizierà a prestargli maggiore attenzione?

Questo è il problema, il dopo. L’importanza di Fellini credo si misurerà dal 1° gennaio, quando vedremo se si continuerà o meno a fare qualcosa. Gli anniversari non si fanno per dimenticare, e io spero che si faccia qualcosa di buono. Il punto è sapere chi lo farà.

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