Ragazzi, tutti nel Far Web


Da: Vanity Fair, 7 settembre 2016, p. 66.


Il «deep web» non interessa solo alla polizia, agli spacciatori e agli anarchici. Paolo Fabbri, che con Umberto Eco è uno dei padri della semiologia italiana, ha analizzato il significato del lato oscuro di Internet e su questo tema terrà una conferenza al Festival della Comunicazione di Camogli (8-11 settembre, info: www.festivalcomunicazione.it).

Perché questo interesse per il «deep web»?

«Perché è il nuovo Far West, potremmo definirlo Far Web, un immenso luogo di frontiera. E le frontiere sono innanzitutto spazi di libertà».

Libertà che però può essere usata anche male.

«Certo. Ma proprio per questo è interessante. La nostra cultura è ossessionata dalla trasparenza, senza afferrare che il segreto è la parte più importante di ogni comunicazione. E il “deep web” contiene i segreti di Internet. È come se fosse il suo inconscio, il luogo dove finisce tutto quello che rimuoviamo».

C’è un suo uso che trova interessante?

«Mi piace molto quello che fa un collettivo di artisti di Zurigo. Va in una galleria, si connette al “deep web” e fa partire un programma che ordina in automatico acquisti dai mercati clandestini. La merce, dalle scarpe alla droga, arriva nella galleria e così si ricostruisce fisicamente quello che sul “deep web” è virtuale. Sono questi gli esperimenti che mi interessano».

Ma lei sul «deep web» ci è mai andato?

«Mai in prima persona, non saprei nemmeno come farlo, ho lavorato su materiali di seconda mano. Sono i giovani ricercatori che devono andare nel “deep web”, esplorarlo, capirlo. Serve una nuova antropologia di certi luoghi».

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