Fiat umbra!


Da: Abitare. International design magazine, Milano, n. 526, ottobre 2012.


 

Chiave di senso per li segni bui
(Dante, Paradiso, c. 1)

Siamo girasoli complicati. Guardiamo sempre la luce, anche quella insostenibile del sole. E siamo ciechi all’Ombra, trattata come un’assenza d’illuminazione, mero effetto dell’interposizione materiale di un corpo opaco, parassita della propagazione luminosa. Come se vivessimo nell’idealità lucente d’uno spazio disabitato da ogni corpo, compreso il nostro. Se riflettiamo, però, in tutti i sensi del termine, alle azioni e alle passioni congiunte della luce, allora l’Ombra merita attenzione e perde il suo carattere secondario, residuale, – un caso limite della luce! – per diventare una riserva di senso e di sorprese. Non è soltanto un Oggetto proiettato, staccabile e manipolabile – diabolico, come nel racconto di Chamisso, Peter Schlemihl. Mentre la tecnologia moderna ha creato le luci e le ombre fisse – in laboratorio si è «arrestata la luce, “congelando” provvisoriamente […] l’informazione che trasporta»1 – l’Ombra viene riconosciuta come un Soggetto turbolento – come il liquido e la fiamma – che libera un’energia.
La scienza contemporanea mette in luce l’azione calcolabile delle ombre, le loro molteplicità naturali o la singolarità delle nostre percezioni. La fisica ha dimostrato ad es. che la velocità dell’Ombra può superare quella della luce: nei secondi precedenti le eclissi totali di luna il sopraggiungere della sua oscurità in una vasta pianura «è sicuramente il fenomeno più rapido che si può osservare sulla terra»2. Le ricerche cognitive ci permettono invece di distinguere tra ombre, buchi e colori; di non stupirci se ci sono ombre trasparenti o se, proiettata su di un corpo con ombra propria, un’altra ombra ne viene assorbita; di meravigliarsi invece perché manca un nome alle ombre sinestesiche di frescura e di silenzio, generate dai corpi che si interpongono ai media del calore a al suono.
Quanto all’arte figurativa è da sempre affetta da schiafrenia, ossessione da Ombra. La cultura classica si è interrogata sulle ombre proiettate come origine della rappresentazione mimetica – insieme agli specchi. Soprattutto dopo la scoperta della prospettiva – l’Ombra è dispositivo prospettico! – la pittura ha fatto dell’Ombra una figura riflessiva per l’esplorazione dello spazio e la rappresentazione del soggetto. Dal Romanticismo al surrealismo, da De Chirico fino a Parmiggiani, l’Ombra è dispositivo di rappresentazione e di enunciazione: meridiana indicatrice di tempo o segnale di soggettività, come le ombre della mano e del pennello negli autoritratti.
Se interroghiamo la luce a partire dall’agire dell’Ombra potremmo schiarire così i proliferanti significati argomentativi, narrativi e retorici presi via via dalla sua mobile impronta. (i) C’è un’Ombra che contraddice la luce senza opporvisi; un mondo privativo di penombra e di controluce, abitato da incertezze e e probabilità. È il luogo dell’Opaco, da cui scrive Calvino – in uno dei più lucidi esercizi di descrizione del paesaggio della nostra letteratura – per inseguire l’Aprico, lo spazio contraddittorio, luminoso e solatio3. Quest’Ombra modula e modalizza la luce. Come un verbo ausiliare in grammatica, le lascia il peso del significato per farsi carico della sintassi: la luce dà il senso e l’Ombra propone le regole. (ii) Ma c’è un altro mondo, quello dell’Antiluce – antilucano? – dove si esercita senza intercessione la signoria dell’Ombra. Come la caverna platonica, che non è il luogo della conoscenza imperfetta, ma dell’errore e dell’illusione, dalle cui ombre parlanti si può scampare solo nell’abbagliante luce del vero. Mentre in altri luoghi utopici sono gli specchi a non riflettere abbastanza, nell’Antiluce manichea sono le ombre a non essere mai sufficientemente nere. Qui l’ombra è in lotta incessante con la luce e le accade spesso di prevalere. La storia è là per provarlo.
Una volta aperti gli occhi a questa mobile sagoma e al suo teatro – cinema, video, fotografia – a ciascuno la scelta tra le sue forme di vita. Senza essere tenebristi od oscurantisti, possiamo dire: fiat umbra!


Note

  1. J.-M. Lévi Leblond, La velocità dell’ombra, Codice edizioni, Torino, 2007 (2006). torna al rimando a questa nota
  2. J.-M. Lévi Leblond, La velocità dell’ombra, Codice edizioni, Torino, 2007 (2006). torna al rimando a questa nota
  3. I. Cavino, “Dall’Opaco”, Romanzi e Racconti, vol. 2, Mondadori, Milano. torna al rimando a questa nota
Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento