Gigantografie Felliniane


Da: Alfapiù | Alfabeta2, pubblicato online il 1 gennaio 2014.


Il buon giorno si vede dal mattino e le buone mostre si misurano in corso d’opera e specialmente in chiusura. In termini di qualità e botteghino, ripercussione mediatica ed efficacia culturale. Con questo in mente, ho visitato le due mostre dedicate a Federico Fellini, nella città di Rimini dove è nato e riposa il celeberrimo regista di Amarcord.
Ne sono uscito con un SNG, Suono Gutturale Negativo, vocalizzo inarticolato di obbligatoria approvazione da non confondere col rapimento. Aperte nel 20° anniversario della morte, alla conclusione di un anno di manifestazioni nazionali e internazionali, le Mostre riminesi mi sono parse diverse se non opposte tra loro.
La prima I disegni di Federico Fellini (fino al 20 gennaio) è certamente felliniana, ma non è una mostra; la seconda, Fellini all’opera è una mostra ma, ad onta del titolo, non è felliniana. In breve. La mostra dei disegni non è originale: già presentata al BIF&ST, Festival Internazionale di Cinema e TV di Bari, per iniziativa di F. Laudadio – espone un centinaio pagine malamente staccate – e mestamente inquadrate – da una copia del Libro dei Sogni di Fellini, pubblicato da Rizzoli e reperibile in libreria. L’originale si trova peraltro nel Museo riminese della Città in un’installazione fortunatamente provvisoria: tutta statuine, tappeti e tavoli dorati è dominata da una grande foto accigliata del regista.
In assenza di catalogo e di indicazioni di percorso è impossibile ai rari visitatori della mostra su I Disegni capire i criteri tematici o stilistici, se mai ce ne sono. I testi che trascrivono la scrittura minuta di Fellini sono quasi illeggibili, ed è casuale la presenza di date che potrebbero collegare i sogni alla produzione filmica del regista. Era chiedere troppo alla curatrice, Francesca Fabbri Fellini, nipote del regista, ma potrebbe essere la spiegazione per cui l’anemica esposizione è nascosta dietro ad un’altra mostra d’arte nel locale Palazzo del Podestà. È certo che con gli occhi velati da lacrime famigliari non si vede come congiungere limpidamente il passato con il presente. Fortunatamente la summa onirica di Fellini, la sua Opera al Nero, si trova in formato e-book, a cura dell’editore Mario Guaraldi e di chi scrive, già direttore delle Fondazione Fellini.
La seconda Mostra (chiude il 6 gennaio) si colloca negli spazi provvisori del foyer del bel Teatro Galli – in pluri-decennale restauro – ed riusa svariati materiali, accumulati dall’inspiegabilmente soppressa Fondazione; materiali nella disponibilità del Comune di Rimini e conservati, per principio di precauzione culturale, in prudente inattività. L’installazione curata da Mario Brattella, un insegnante di Scenografia all’Accademia di Bologna, non è rivolta all’opera filmica di Fellini e ne tocca piuttosto gli interessi figurativi e le singolari letture – magia e poesia, fumetti e psicanalisi, droghe e psichedelia. Il bricolage dei materiali disponibili ed i mezzi limitati del trovarobe fanno sì che la mostra si allontani dalla poetica felliniana. In direzioni differenti, ma verso un senso e luogo comune: il fellinismo, un vago surrealismo immaginifico e sognante; tipico, quindi falso.
Per mancanza di conoscenza delle tantissime ricerche su cotanto autore – e sempre in assenza di catalogo – i testi originali sono impiegati da diversi collaboratori come pretesti per altri contesti. È il caso di una bella processione di manichini episcopali, reduci da Cinecittà, un remix che non ha nulla a che vedere col sarcasmo barocco della sfilata di moda ecclesiastica di Roma. Ed è il caso del caleidoscopio di altri video, arredati secondo opportunità architettonica e disposti con l’ordine arbitrario dell’alfabeto. Le trovate son fatte per essere perdute.
Le due mostre concludono una lodevole attività turistica, soprannominata Fellinianno 2013. Sotto questo bisticcio linguistico, hanno trovato spazio e tempo numerosi e documentati aneddoti, scritti, orali, visivi e attività più frivole: dal contributo di Baricco alla comprensione di Otto e Mezzo fino alle ghiotte ricette romagnole. Concetti-confetti! Non tutto però viene per cuocere: le mostre – e i mostri, dal latino moneo, – hanno etimologicamente a che fare con le ammonizioni.
Evitiamo allora l’ingeneroso confronto con la meravigliosa mostra ferrarese di Michelangelo Antonioni, “pittore dello schermo”, a cura di Dominique Paini, già direttore della Cinemathèque Française a Palazzo dei Diamanti (10 marzo – 9 giugno 2013). E prendiamo le manifestazioni riminesi come positivi esperimenti del non Fare.
Ricordando il monito del’ex-collaboratore di Fellini, P.P. Pasolini che il 30 settembre 1973, recensendo la sceneggiatura di Amarcord in un articolo di cui ricorre il cinquantenario, accusava T. Guerra di plagiare il futuro spettatore con la presentazione di “un mondo fondato sul nulla e vivente di apparizioni”. E invocava Fellini per la capacità di presentare col riso una “frangia di realtà dilatata in una gigantografia che ne trasforma il senso”. Gigantografia assente in entrambe le mostre.

I disegni di Federico Fellini dal Libro dei Sogni
a cura di Francesca Fabbri Fellini
Palazzo del Podestà. Piazza Cavour, Rimini
Fino al 20 gennaio 2014

Fellini all’opera
a cura di Mario Brattella
Teatro Galli. Piazza Cavour, Rimini
Fino al 6 gennaio 2014

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