Yes, we (Zombies) can: attualità mordace del Non Morto


Da: Aut aut, Il Saggiatore, Milano, 2013. Ora in Biglietti d’invito per una semiotica marcata, a cura di G. Marrone, Bompiani, 2021.


Gli Zombi sono la perfetta metafora del mondo obamiano. Per capire le ragioni di questa affinità, si procede definendo per differenza gli zombi da altre creature orrorifiche. Essi sono non-morti e quindi diversi da tutte le creature horror legate alla non-vita (personaggi comatosi, embrioni mai nati etc.). Essi appaiono sulla scena senza un messaggio, senza una rivelazione. Lo zombie può essere posizionato in un continuum di non morti che comprende, a diversi gradi di putrefazione, almeno la mummia e lo scheletro (figura meccanica simile a quella del robot). Ma è con il vampiro che condivide la medesima vocazione di non-morto cannibale. La differenza fra essi è allora di classe: il vampiro è aristocratico, lo zombie proletario o al massimo piccolo borghese. Lo zombie si muove in gruppo e per questo il suo modello di socializzazione somiglia a quello dello sciame o dello stormo, in cui i soggetti assumono i loro comportamenti modellandosi reciprocamente senza l’intervento di un leader, venuto alla ribalta con i media digitali.
Gli zombie annunciano l’apocalisse, la disfatta per collasso (e putrefazione) della società. La loro emergenza nella fiction contemporanea rappresenta “il tentativo di andare oltre i concetti mal liquidati e sepolti delle ideologie”.
La loro interpretazione filosofica li riconduce o a una forza presociale (secondo una lettura neuropsicologica) o come ipostasi dell’anglosassone tipico, inondato da cibo spazzatura, senza più alcuna pulsione vitale.
Essi diventano una metafora politica, di un reflusso dal sogno obamiano che travolgerà il senso comune e le istituzioni.

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