Zadig e il Lupo, ovvero semiotizzare le tracce


Da: AA.VV., Umanimalità. Il discorso animale, a cura di Denis Bertrand e Gianfranco Marrone, Meltemi, Milnao, 2019. Ora in Biglietti d’invito per una semiotica marcata, a cura di G. Marrone, Bompiani, 2021.


Questo saggio affronta il problema del rapporto con gli animali dal punto di vista di una semiotica marcata. Per farlo riprende un racconto filosofico di Voltaire, Zadig, che rielaborava la prima novella del Pellegrinaggio di tre giovani figlioli del re di Serendippo, tradotto a metà del Cinquecento a Venezia. Si tratta di una storia breve in cui si racconta dell’abilità del protagonista, Zadig, nel decifrare le tracce lasciate da una cagna e da un cavallo che non aveva mai visto prima e li descrive con minuziosa esattezza. Il testo viene da più parti indicato come antesignano del metodo indiziario dei polizieschi (Conan Doyle) e del metodo scientifico. E viene ripreso anche da Umberto Eco in un passaggio de Il nome della rosa. In questo caso, la storiella di Zadig diventa modello dell’induzione, come processo cognitivo produttore di significato, riconducibile a Peirce. Fabbri, polemicamente, mostra come esse non debbano essere considerate come meri segni indicali e come, piuttosto, sia possibile fare problema del loro statuto significante, ponendo attenzione al versante “costruttivo” che le fonda semioticamente. Assumere una tale posizione fa emergere, quindi, il versante di negoziazione intersoggettiva e “umanimale” che presiede alla loro riconoscibilità.

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