Bachtin, le maschere e le voci

Sapienza Università di Roma
Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale

Aula B10
Via Salaria 113
Roma

Mercoledì 26 settembre 2012, ore 17

Si è concluso il seminario “Bachtin, le maschere e le voci”, a cura di Paolo Fabbri (Roma, LUISS) e Isabella Pezzini (Roma, Sapienza), nell’ambito del Corso Avanzato di Scienze Semiotiche (proff. I. Pezzini, I. Tani).

Il seminario, iniziato il 26 settembre alle ore 17 in via Salaria 113 (00198 Roma), Aula B10, è terminato il 19 dicembre. A tal proposito si può consultare il calendario degli incontri sulla webcattedra (www.coris.uniroma1.it).

Fra i relatori: G. Banti, P. Fabbri, T. Migliore, U. Olivieri, A. Perri, I. Pezzini, F. Sedda, I. Tani, ecc.


Osservazioni conclusive di Paolo Fabbri

Comprendere è cercare alla parola del locutore una controparola.
(Volosinov)

1.
La disciplina semiotica è il retaggio di padri fondatori frammentari come Peirce, Saussure, Benveniste e Bachtin ed oggetto di ricostruzioni filologiche e vari sviluppi interpretativi. Il seminario precedente (2011) sullo (pseudo-)Saussure, era dedicato alla ridefinizione linguistica e semiotica del pensiero saussuriano, alla luce di apporti recenti che ne hanno profondamente modificato l’immagine.
Nell’anno 2012 il seminario era dedicato a M. Bachtin, “il più importante pensatore sovietico nel campo delle scienze umane e il più grande teorico della letteratura del XX secolo” (Todorov) su cui è apparso un testo, tra ricerca erudita e pamphlet, ad opera di studiosi di linguistica e semiotica, che riapre il dibattito sul corpus delle pubblicazioni (pseudo-)bachtiniane, oggetto di agiografie e manipolazioni.
Il testo documentato e polemico di Bronckart e Bota mette in causa la tesi dell’onnipaternità bachtiniana degli scritti di Volosinov* e Medvedev* – iniziata negli anni Settanta – e l’esistenza stessa di un Circolo Bachtin, postulata dalla bachtinian industry fiorita dalla fine degli Ottanta. L’aspra discussione apertasi nella slavistica tra negazionisti e autografisti ha valenza di politica culturale e mette fine a un certo catechismo bachtinista. Tuttavia, al di là dibattito sulle bugie biografiche, i testi putativi, deutoercanonici, apocrifi e i plagi nel corpus “bachtiniano”, la ricerca resta rilevante per quanto concerne l’evoluzione disciplinare in semiotica testuale e discorsiva.
Il Backtin démasqué evidenzia infatti le componenti religiose e di fenomenologia monologica nei primi scritti di Bachtin e giunge all’ipotesi che la prima versione del Dostoievski* (1929) con altri articoli, sia da attribuire in gran parte a Volosinov e a Medvedev. Come altre ricerche (Tylkowski), restituisce a Medvedev e soprattutto a Volosinov un ruolo centrale nella riflessione sociosemiotica sulla dialogicità e la polifonia linguistica nel quadro del pensiero marxista degli anni ’20, anche in rapporto alla linguistica di Vossler, alla psicologia di Vygotskij e alla corrente formalista (v. Sériot). In particolare, la presa in esame dei generi (Medvedev) e la constatazione che l’approccio sociologico dell’agire linguistico e semiotico (Volosinov) non è “anticipata” nella visione filosofico-morale della responsabilità assoluta e dell’esistenza irripetibile in quanto evento “singolare, unico” (Bachtin, in La Filosofia dell’atto responsabile).
Ribadisce invece la base semiotica da cui emerge la riflessione sui linguaggi e la cultura in Russia (“la filosofia del segno”, Volosinov). Invita ed aiuta a correggere sviste in controtendenza degli studi italiani (in particolare l’uso equivoco di Enunciazione, che non ha rapporto con la semantica di Benveniste) dove questa tradizione, anche filtrata attraverso la scuola di Tartu, ha avuto ampio e adeguato riconoscimento (v. Ponzio).
Il libro-pamphlet* di Bronckart e di Bota focalizza soprattutto la controversa ricezione del corpus (pseudo-)bachtiniano e ne prende in considerazione soltanto una parte. Risulta però confermato il carattere dialogico, cioè contrattuale e conflittuale, che attraversa i sistemi e processi di significazione: dall’intonazione alla retorica (argomentazioni e figure), dalle molecole semiche fino ai generi discorsivi (v. François, Rastier). Meritano attenzione l’uso della metafora polifonica (Ducrot) e i suoi prolungamenti attuali e del termine intertestualità (Kristeva), ecc., nonché gli studi sociologici sull’enunciazione, i frames e le ricerche conversazionali (Goffman, Schegloff, ecc.). E l’esigenza di strumenti più analitici nella descrizione del discorso in generale e del testo narrativo e poetico, che non di oppongono tra loro come polifonico e fonologico.

2.
La pars construens del libro apre sulle ricerche attuali di semiosi testuale (e discorsiva) rilevanti per le condizioni enunciative e interpretative che decidono di contesto, intertesto e valori. (i) Sul meccanismo delle istanze enunciazionali, le “voci” (v. in particolare il discorso indiretto libero) in Volosinov poi in Jakobson, Greimas, Genette, con una metodologia top/down (Hjelmslev). La necessità di distinguere tra una polifonia nella langue e il dialogismo discorsivo; la “voce” dal prospettivismo; (ii) svolgere una prammatica di generi – enunciazioni collettive correlate a pratiche sociali (Medvedev) – mediatori tra pratiche sociali e attività linguistiche (v. Rastier). Formazioni discorsive o macrosegni arbitrari che articolano forme dell’espressione e forme del contenuto per costituire il piano semiotico delle pratiche collettive (sostanze del contenuto). I generi formano i sistemi modellanti primari per i “linguaggi” artistici: con il necessario allargamento ad altri sistemi segnici (ad es. l’icona e le sue “versioni” moderne, v. Florenskij, L. Ponzio). Un’attenzione particolare merita la nozione di cronotopo, che oscilla tra il concetto di motivo e quello di situazione (attori, tempo, spazio), tra enunciato ed enunciazione.
Una semiotica delle culture – che va oltre l’immagine (pseudo-)bachtiniana del mito – può valersi anche oggi degli esiti di questo confronto tra una prospettiva antropologica e una fenomenologia incorporata per riconcettualizzare i temi della soggettività e dell’intersoggettività, della personalità e dell’impersonalità (Benveniste) nell’ambito di una semiotica delle performances orali – e di una linguistica della parole.

3.
Il Riso – nella sua teoria e pratica – segnala in modo pregnante il ruolo idiosincratico delle lingue e delle culture (“Ridiamo di quel che non fa ridere gli altri e viceversa”).
Bachtin ha formulato un’importante ipotesi di ricerca sulle “culture del riso” e evidenziato il ruolo fondamentale del corpo. La sua periodizzazione però – Medioevo triste vs Rinascimento ilare – è “molto contestabile” per Le Goff. Quanto al medioevo in particolare, J. Lotman, pur condividendo l’ipotesi dialogica, critica le adozioni meccaniche “della complessa e non sempre ovvia concezione di Bachtin”, usata spesso con “carattere scientifico-ornamentale”. Il semiologo di Tartu propone una caratterizzazione diversa del riso rabelaisiano studiato da Bachtin, a cui oppone il ghigno “terribile” – folle, sacrilego o dispotico ma non trasgressivo – nel mondo russo medioevale. Il corpus (pseudo-)bachtiniano resta comunque ricco di suggerimenti: come le osservazioni sul riso “smorzato” – diverso da quello “omerico” del carnevale. In riferimento alla riconosciuta tradizione formalista – da Sklovskij a Tynianov fino a Medvedev – sembra infatti che lo studio della parodizzazione – opposta alla stilizzazione, ecc. – sia all’origine della riflessione sulla parola “bivocale”.
Il Seminario ha formulato i temi e promette una proposta articolata per un Colloquio sulle Culture del Riso. Segnaliamo fin d’ora che oltre alla dimensione storico e comparativa, merita una riflessione, mancata al seminario, l’attualità della satira linguistica e visiva – v. caricatura – nel campo generico dei media di massa, oggetto di costante remissaggio e rigenerazione.

Indicazioni bibliografiche

J.-P. Bronckart, C. Bota, Baktine, démasqué. Histoire d’un menteur, d’une escroquerie et d’un délire collectif, Droz, Genève, 2011
P. Medvedev, Il metodo formale nella scienza della letteratura, Bari, Dedalo, 1978
V. Volosinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, P. Manni, Lecce, 1999; Marxisme et philosophie du langage, introduction de P. Sériot, Lambert Lucas, Limoges, 2010

M. Bachtin*,
Dostoievskij. Poetica e stilistica, Einaudi, Torino, 1968
Problemi dell’opera di Dostoevskij (1929), Edizioni dal Sud, Modugno (Bari), 1997
“La parola nel romanzo”, in Estetica e Romanzo, Einaudi, Torino, 1979
Per una filosofia dell’atto responsabile, Pensa Multimedia, Lecce, 2009
In dialogo. Conversazioni del 1973 con Viktor Duvakin, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2008

Per dubbie attribuzioni

*M. Bachtin, Linguaggio e scrittura, Meltemi, Roma, 2003
*M. Bachtin, Freud e il freudismo, Mimesis, Milano, 2005

Introduzioni

A. Ponzio, Tra semiotica e letteratura. Introduzione a Bachtin, Bompiani, Milano, 1992 (2 ed. 2003)
P. Jachia, Introduzione a Bachtin, Laterza, Bari, 1992
S. Sini, M. Bachtin, Carocci, Roma, 2011
J. M. Lotman, Il testo e la storia, Il Mulino, Bologna, 1985
J. M. Lotman, B. A. Uspenskij, “Il mondo del riso: oralità e comportamento quotidiano”, in J. M. Lotman, Tesi per una semiotica delle culture, a cura di F. Sedda, Meltemi, Roma, 2006
V. Sklovskij, Teoria della prosa, Einaudi, Torino, 1976
J. Tynianov, Avanguardia e tradizione, Dedalo libri, Bari, 1968
F. François, Bakhtine tout nu, ou Une lecture de Bakhtine en dialogue avec Vološinov, Medvedev et Vygotski, ou encore Dialogisme, les malheurs d’un concept quand il devient trop gros, mais dialogisme quand même, Lambert-Lucas, Limoges, 2012
P. Florenskij, Le porte regali, Adelphi, Milano, 1977
J. Le Goff, I riti, il tempo, il riso, Laterza, Roma, 2001
L. Ponzio, Icona e Raffigurazione. Bachtin, Malevic, Chagall, Adriatica, 2008
F. Rastier, “Poetica generalizzata”, in Arti e scienze del testo, cap. 8, Meltemi, Roma, 2003
I. Tylkowski, Vološinov en contexte. Essai d’épistémologie historique, Lambert-Lucas, Limoges, 2012

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