A cura di Sergio Brancato, Il Denaro, Napoli, sabato 3 maggio 2014.
denaro.it/blog/2014/05/03/da-eco-a-flash-gordon-cogito-ergo-sum-lintervista-di-brancato-a-giorello-e-fabbri
Ma chi l’ha detto che il fumetto è solo intrattenimento? Tutt’altro, è una vera e propria forma di conoscenza. Sergio Brancato, docente di Sociologia dell’industria culturale alla Federico II di Napoli, conversa con Giulio Giorello, epistemologo e filosofo della scienza, e il semiologo Paolo Fabbri, nell’ambito di Comicon 2014, kermesse internazionale interamente dedicata ai comics in corso alla Mostra d’Oltremare fino a domani. Da Eco a Flash Gordon, i tre studiosi esplorano gli orizzonti ancora inediti di questo genere in “Pensare a fumetti – tra fiction e non”, tra gli eventi inaugurali della manifestazione.
Il potere sovversivo delle strisce
Fabbri: vuoti da riempire di senso
PAOLO FABBRI ha dedicato importanti contributi alla riflessione sui comics.
Come vedi il rapporto tra la tua disciplina e il fumetto?
Credo che la valorizzazione culturale del fumetto sia iniziata proprio con la semiotica. Con il primo Umberto Eco, sebbene con riserva, ma anche con Roland Barthes, quando sosteneva di preferire lo studio delle immagini del fumetto o dei singoli fotogrammi cinematografici rispetto al film intero: siamo presi dall’immaginario del creatore dell’opera. Mentre nel fumetto siamo al cospetto di una catalisi: non una sintesi né un’analisi, ma un lavoro che riempie gli spazi vuoti tra una vignetta e l’altra, spazi che richiedono la nostra cooperazione per far vivere il testo.
Quanto ha influito il fumetto, se l’ha fatto, nella tua identità intellettuale?
Nel suo romanzo “La misteriosa fiamma della regina Loana”, Eco sostiene che Dick Tracy gli ha fatto capire Picasso, e che le gambe delle eroine nel “Corriere dei Piccoli” degli anni ’30 lo hanno aiutato a scoprire emozioni sentimentali o perfino sessuali. Flash Gordon era un eroe che combatteva contro la tirannia sebbene fosse letto in Italia da un pubblico che viveva sotto una dittatura. Per quelli della mia generazione, invece, il fumetto era già in via di artificazione, in procinto di diventare una disciplina artistica riconosciuta. Negli anni della mia adolescenza si usava proibire, gettare o perfino bruciare i fumetti, facendone diventare la lettura una sorta di trasgressione anarchica.
Una sovversione culturale?
I personaggi del fumetto degli anni ’50 erano molto impegnati verso crimine e sessualità. Come semiologo il problema del fumetto riguardava soprattutto il linguaggio, la grammatica, la sintassi specifica, la conformazione spaziotemporale. E soprattutto la capacità di creare figure mitiche come quelle dei supereroi. Mi torna in mente Italo Calvino, il quale mi diceva di aver scritto Il castello dei destini incrociati – basato sulle immagini dei tarocchi – dopo aver ascoltato una mia conferenza sul linguaggio degli emblemi. Lui avrebbe voluto scrivere “Il motel dei destini incrociati” in cui i personaggi interagiscono tra loro utilizzando pezzi di fumetti. Il fumetto a quel punto è già mito.
Oggi ci sono fumetti che attirano la tua attenzione?
I due libri di Joe Sacco, Gorazde. Area protetta, quello sulla guerra nell’ex-Jugoslavia, e Palestina. Fumetti che raccontano storie, come il classico Maus di Art Spiegelman sui campi di concentramento nazisti. O, sempre di Spiegelman, L’ombra delle torri sull’11 settembre.
Tu dirigevi a Rimini la Fondazione dedicata a Fellini, che amava il fumetto.
Ho cominciato a ricostruire il rapporto tra Fellini e il fumetto, individuando quelli che amava di più come il Poema a fumetti di Buzzati. Lui aveva scritto, prima di morire, prefazioni per gli albi di Moebius, il grande autore francese poi scomparso. Come lettore di comics io ne porto ancora il lutto.
Giorello: maestri di tolleranza
Comics? Un veicolo del pensiero
GIULIO GIORELLO è noto anche per alcuni libri su un oggetto in apparenza più prosaico come il fumetto: La scienza tra le nuvole (edito da Cortina) e La filosofia di Topolino (Guanda).
Cosa ha a che vedere il fumetto con la filosofia?
Possiamo individuare alcuni punti di contatto. Per esempio, rintracciando la filosofia “dentro” il fumetto. Un autore di fumetti può utilizzare i grandi temi della filosofia come elemento narrativo, dentro le sue storie. Esattamente come è stato fatto in letteratura: Brecht che riscrive a modo suo la vita di Galileo. O come Luca Ronconi che con John Barrow prende le idee astratte della matematica e le porta a teatro, peraltro con grande successo, nello spettacolo Infinities. Il fumetto può mettere in scena anch’esso idee filosofiche: non certo come una prova ma come una demonstration, tipo quando un geometra disegna le figure per rendere chiari i concetti matematici. I comics possono aiutare la concettualizzazione abbinando la parola al disegno. Si è abituati a pensare il fumetto come un linguaggio antagonista rispetto ai canoni di una corretta formazione culturale.
La tua passione per il fumetto ti ha aiutato a orientarti?
Sono cresciuto in una famiglia, forse all’epoca una delle poche, che non aveva alcun pregiudizio contro i fumetti. Mia madre mi regalava Topolino e Paperino, e mi ha insegnato a leggere con il fumetto, dunque a riconoscere la figura e la parola. L’unica proibizione di mio padre era invece contro i fumetti che definiva “papisti”, essendo lui di cultura protestante: questo ha fatto sì che conoscessi piuttosto tardi un autore meraviglioso come Jacovitti. Il fumetto è stato per me un modo per scoprire il mondo: da Tex a L’Intrepido, i comics sono stati grandi compagni di vita. Da ragazzo mi hanno aiutato a vincere la noia della scuola. Non potrei dire che il fumetto mi abbia orientato verso la filosofia, ma certo mi ha aiutato a maturare l’avversione verso gli stereotipi, le verità rivelate, i valori ripetuti banalmente che diventano slogan vuoti. Da questo punto di vista, la presa in giro dei valori americani da parte del Topolino degli anni ‘40 è micidiale. Ma anche il piacere di leggere mi viene dal fumetto.
Ami solo i fumetti classici o ti interessano anche quelli di oggi?
Ce ne sono anche oggi di molto interessanti. Di recente ho scritto l’introduzione per Logicomix, un bel libro a fumetti di autori greci, a cura di Tito Faraci, in cui si ricostruisce la biografia illustrata di Bertrand Russell tra logica e democrazia. Non mi piacciono i supereroi americani, ma trovo interessanti manga come 2001 Nights, una curiosa parodia tra 2001 Odissea nello spazio e Le mille e una notte. Per il fumetto seriale, mi piace un personaggio di Woods, Dago. Ma amo molto la produzione Bonelli. Sono cresciuto con Tex e invecchierò con Tex, finché dura.
Che tipo di lettore di fumetti sei?
Un tradizionalista. Mi ritengo un lettore dilettante e idiosincratico.