Appello per una politica europea della traduzione


Da: Plus d’une langue, appello redatto presso La Sorbona (Parigi) il 26 settembre 2008.


Il presente appello è stato redatto a monte degli Etats généraux du multilinguisme (Stati generali del multilinguismo), riuniti presso La Sorbona (Parigi) il 26 settembre 2008, e letto pubblicamente da Paolo Fabbri.
I suoi primi firmatari sono: Adonis; Vassilis Alexakis; Etienne Balibar; Tahar Ben Jelloun; Yves Bonnefoy; Barbara Cassin; Michel Deguy; Emmanuel Demarcy-Mota; Claude Durand; Umberto Eco; Paolo Fabbri; Maurizio Ferraris; Michèle Gendreau- Massaloux; Ghislaine Glasson Deschaumes; Yves Hersant; François Jullien; Julia Kristeva; Eduardo Lourenço; Amin Maalouf; Robert Maggiori; Federico Mayor; Ariane Mnouchkine; Edgar Morin; Manoel de Oliveira; Jacqueline Risset; Fernando Fernandez Savater; Antonio Tabucchi; Jürgen Trabant; Heinz Wismann.


A meno di rinnegare se stessa, l’Europa non si costruirà senza rispettare la pluralità delle sue lingue. Le si presentano due possibilità: generalizzare il ricorso ad un “dialetto di transazione” per favorire gli scambi, correndo il rischio di un impoverimento collettivo; oppure compiacersi della diversità linguistica e garantirla per consentire una migliore comprensione reciproca e un vero dialogo.
L’Unione europea ha garantito, quantomeno all’interno delle sue frontiere provvisorie, la circolazione delle merci, dei capitali e degli uomini. È tempo che fissi l’obiettivo di fare circolare i saperi, le opere e gli immaginari, riprendendo così i momenti fecondi dell’Europa storica. È tempo che gli Europei imparino a parlarsi nelle loro lingue. Valorizzando le lingue dell’Europa si contribuirà a riconciliare i cittadini con l’Europa. La traduzione svolge in merito un ruolo politico essenziale.
Una lingua infatti non è soltanto uno strumento di comunicazione, un servizio; non è neanche soltanto un patrimonio, un’identità da preservare. Ogni lingua è una rete diversa gettata sul mondo, che esiste soltanto nella sua interazione con le altre. Traducendo, si approfondisce la propria singolarità e quella dell’altro: occorre comprendere almeno due lingue per sapere che se ne parla una.
In quanto superamento delle identità ed esperienza delle differenze, la traduzione deve essere posta al centro dello spazio pubblico europeo che spetta a tutti costruire, nelle sue dimensioni cittadine e istituzionali, nelle sue componenti culturali, sociali, politiche ed economiche.
Per queste ragioni, lanciamo un appello in favore dell’attuazione di una vera e propria politica europea della traduzione, che si baserebbe su due principi: mobilitare tutti gli attori e i settori della vita culturale (insegnamento, ricerca, interpretariato, edizione, arti, media); strutturare tanto le dinamiche interne dell’Unione quanto le sue politiche esterne, garantendo concretamente l’accoglienza delle altre lingue in Europa e la comprensione delle lingue d’Europa nel resto mondo.
Il progetto europeo trarrà dalla traduzione un’energia rinnovata.


Per firmare la petizione

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