Miraggi d’Egitto sulla riviera. Il Mystfest tra mummie e sfingi


Da: Michele Anselmi, l’Unità, Martedì 3 giugno 1997, p. 10.


A Cattolica dal 22 al 28 la XVIII edizione, forse l’ultima.
La rassegna pilotata dal semiologo Paolo Fabbri punta quest’anno sul paese delle Piramidi. Convegni, fumetti, letteratura e naturalmente tanto cinema, diviso tra concorso e retrospettive.

ROMA. «Guardate più cine / il cine fa bene / il cine conviene a tutte le età». Sulla musichetta garrula del felliniano Le tentazioni del dottor Antonio, mettendo il cinema al posto del latte un dì reclamizzato da Anitona Ekberg, gli organizzatori del MystFest hanno realizzato un jingle che farà da tormentone alla prossima edizione del festival cattolichino: la diciottesima e forse ultima, visto che dall’anno prossimo i tre festival rivieraschi (Bellaria, Rimini e Cattolica) saranno unificati, per farne uno «all’altezza di Venezia», come azzarda l’assessore alla Cultura Mauro Conti.
Se nel 1996 fu «la maschera», semiologicamente intesa, a fare da collante alla prima edizione diretta da Paolo Fabbri, quest’anno saranno «i misteri d’Egitto» ad animare i sette giorni del festival, dal 22 al 28 giugno. E infatti una specie di sfinge balneare, con il corpo di Cleopatra e un guscio di conchiglia al posto della coda, fa da logo grafico, evocando i mille misteri esotici custoditi dalle Piramidi disegnate sullo sfondo. E chi meglio della mummia, tenendo conto anche della lezione di Deleuze cara al direttore, incarna il personaggio egizio della filosofia del cinema?
Non a caso il nuovo curatore del cinema Vieri Razzini, in un articolo del catalogo intitolato spiritosamente «Mummystica», ricorda che «il cinema ha fatto della Mummia uno dei suoi mostri più terrifici e affascinanti, e di tutto quello che lo circonda (sarcofagi, tombe, labirinti, piramidi, sfingi e l’Egitto intero) un luogo privilegiato del mistero e della paura». Largo, dunque, alle cine-mummie, almeno nella sezione dedicata ai «misteri del Cairo», dove tra tanti titoli «seri» campeggia anche un Abbott and Costello Meet the Mummy, tanto per buttarla sul ridere.
Multimediale, con una predilezione per la curiosità intellettuale di taglio semiologico, il programma spazia dal cinema alla letteratura, dalla fotografia ai fumetti, dalla moda ai cd-Rom, senza rinunciare a una cena cairota in linea con i sapori del festival, ad un omaggio felliniano sui temi della pubblicità e ad una maratona dedicata alla gloriosa serie televisiva
Belfagor, il fantasma del Louvre. Del resto anche la sede scelta per presentare ieri mattina il XVIII MystFest – la sala degli elefanti del Museo civico di zoologia di Roma – rientra in questo gioco di specchi e suggestioni forti che ha fatto la fortuna della rassegna romagnola.
Seduti tra uno scheletro di Loxodonta Africana e uno di Mirounga Leonina, Paolo Fabbri, Mario Guaraldi, Vieri Razzini, l’assessore Conti, il presidente della giuria Carlo Verdone e l’entomologo Giorgio Celli hanno intrattenuto i giornalisti sul succoso menù del festival, tutti puntando sul rafforzamento del suo carattere spettacolare. «Il cinema come luogo del miraggio», per dirla col direttore, continua naturalmente a fare la parte del leone. Undici, salvo inserimenti dell’ultim’ora, i titoli del concorso, tra i quali spiccano City of Industry di John Irvin con Harvey Keitel, Ligne de vie di Pavel Longuine e Retroactive con James Belushi. «Mi sono mosso con qualche tremore, perché spesso la cosa più debole di questo tipo di festival è proprio la selezione dei film nuovi», riconosce Razzini, aggiungendo però di aver trovato, «fortunatamente», lungometraggi di buona qualità. «Mi piace pensare che siano film da mangiarsi le unghie. Tesi, fantasiosi, ipnotici. Ho evitato volutamente quei film che, forti di ascendenze illustri, fingono più o meno consapevolmente un discorso sulla violenza, rivelando quasi subito la loro matrice mercantile e rozzamente violenta». Un rischio al quale il MystFest di sottrae risalendo, cinematograficamente, alle radici del problema presentando il dimenticato Signore delle Mosche di Peter Brook.
Sotto la voce «Miraggi d’Egitto» (l’ironia è voluta?) saranno riunite invece le varie iniziative legati ai misteri cairoti. E se lo spunto non può che essere la vittoriosa spedizione napoleonica del 1798, i sette giorni svilupperanno il tema in chiave scientifica, fotografica e letteraria. Non a caso, la Mondadori, presente in forze al festival, sta per mandare nelle librerie il secondo volume del Romanzo di Ramses di Christian Jacq, quel La dimora millenaria che spera di replicare il successo strepitoso del primo (400mila copie vendute).

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