La mostra della Galleria Franca Mancini su Maurizio Mochetti


A cura di Luciano Marucci, Juliet Art Magazine, anno 35, n. 175, ottobre-novembre 2015.


PESARO
L’annuale mostra che la Galleria Franca Mancini, in concomitanza con il Rossini Opera Festival, dedica alla relazione arti visive-musica, ha visto protagonista Maurizio Mochetti, noto per le realizzazioni che hanno affrontato il tema della luce e della luce in movimento con l’uso del Sessanta, quando le sue applicazioni pratiche non erano ancora diffuse. Una ricerca che richiede anche una sperimentazione sviluppata con rigore ed essenzialità nel periodo espansivo dell’Arte Concettuale. Nell’esposizione primeggiava : aereo con raggio laser al posto dell’elica, che univa passato e presente in un moto perpetuo. Tra le altre opere tridimensionali una coppia di pinguini- aeroplani, alludeva al moto in un oggetto fermo. Com’è intuibile, questa volta l’artista non è stato scelto per interpretare una partitura sonora, ma per il suo particolare lavoro che dà origine a una dimensione spaziale “altra”, come accade nella musica, nonche´ creativi nella concezione dinamica del processo inventivo.
All’inaugurazione dell’evento il musicologo Bruno Cagli – profondo e della produzione dell’estroso musicista pesarese – ha parlato a lungo degli “accenti nascosti” e degli “abbellimenti” nelle esecuzioni sia nell’arte del suono. Il semiologo Paolo Fabbri, con l’acutezza dell’analisi critica che lo distingue, ha spiegato il titolo della mostra Maser e Laser di microonde il primo; l’altro dispositivo che emette un fascio di luce e ha puntualizzato che Mochetti non è un pittore naturalista: la sua luce è non in senso astratto come nell’Ottocento, quando la scienza era nascosta dietro la tecnologia, mentre oggi, grazie allo sviluppo della rappresentazione visiva, essa è associata all’immagine divulgativa. Inoltre, attraverso i suoi oggetti, egli riesce a dare, con libertà simulativa a problemi teorici, per cui potrebbe suggerire idee anche agli scienziati che operano in dunque, è interessato alla luce non per la valenza pittorica, bensì per gli effetti generativi. Altro aspetto che connota la sua produzione è l’individuazione del moto (come per i futuristi), ossia la velocità frenata da cui derivano anche la turbolenza e il , cioè parti di mondo che perdono quest’ultimo reso visibile in alcuni quadri esposti. Insomma, la diversità e la performatività dei lavori presentati provano che l’arte di Mochetti, concettualmente è ancora aperta ai fenomeni.

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