2013: il centone saussuriano


Da: E/C. Rivista dell’Associazione Italiana Studi semiotici, 2013.
http://www.ec-aiss.it/rubriche_fisse/polliceversus_v.php?recordID=23


L’anno che corre, 2013, è il centenario della scomparsa di Ferdinand de Saussure, il linguista ginevrino fondatore della semiologia – una disciplina che avrebbe voluto chiamare “segnologia”. Prima di diventare la ricorrenza della nascita, gli anniversari commemoravano la morte, condividendo il ricordo e preannunciando nuova vita nell’aldilà. Il 2013 mi sembra opportuno per una contabilità semiotica dell’aldiquà, da condurre sull’opera del grande scienziato e originale umanista che fu il de Saussure. Dovemmo aspettare altrimenti il 2057, a due secoli dalla nascita o i cent’anni dalla pubblicazione del Cours de Linguistique Générale (CLG), 1916.
Attenti però agli epitaffi! Nelle date in cui i morti chiedono ai vivi di risvegliare i morti, si corre il rischio obituario che questi tornino come zombi: di malanimo o con cattive intenzioni. Come racconta il gruppo rock The Magnetic Fields che ha registrato un “The Death of Ferdinand de Saussure”, album 69 Love Songs (con acclusa maglietta).
La tentazione non resistibile è sottrarre il grande semiolinguista al tempo circolare dell’agiografia, disciplina tautologica del santificetur e alla redazione dei santini laici nelle biografie enciclopediche.

1. Transeat la voce Wikipedia, rigovernata dai cut & paste, dove Saussure è presentato come fautore d’una semiotica striminzita appetto di vaste e imprecisate cosmo(?)-, bio(?)- e antropo(?)-semiosi.

È propria di Saussure la concezione della “semiotica ristretta” (le altre teorie semiotiche consistono in cosmosemiosi, biosemiosi e antroposemiosi, quest’ultima teorizzata da Umberto Eco), ovvero la concezione che attività semiotiche sono solo il linguaggio umano e poche altre attività cognitive della sua specie[senza fonte].
2. Penso invece all’affidabile voce “Saussure” della Enciclopedia Treccani on line, poiché la fatalità cartacea la sottraeva a cogenti aggiornamenti. Vi leggiamo che esemplari ricerche di filologia – il recupero e l’edizione di manoscritti – hanno condotto a conclusioni rilevanti per la conoscenza della linguistica saussuriana, oscurata dalla molteplicità e dalla frammentarietà dei testi, dalla varietà degli appunti dei discepoli, dalle redazioni tendenziose dei colleghi: quelle che hanno condotto alla pubblicazione del CLG e ad un successo numeroso quanto i suoi equivoci1. La collazione del corpus-centone sausssuriano cambia i connotati teorici d’una fisiognomica fissata dall’incompetenza dei cultural studies.
Per il Saussure della voce Treccani infatti, la langue

non può essere considerata fuori della considerazione […] della masse parlante e del temps in cui i parlanti e quindi la lingua e i suoi modi di uso si collocano, cioè fuori (dice S.) della storia. Il carattere non meramente esecutivo della parole rispetto al segno e alla langue, e il continuo intreccio di sistematicità e di temporalità, di formalità e di dipendenza dagli usi sociali storici della langue
Sottoscriviamo ogni “segno di parola”, anche se la postura teorica del grande ginevrino quanto alla (1) Storia e alla (2) Collettività è limpida quanto semiologica. Vediamone da presso il percome2.

1. Scienze Semiologiche e non Naturali o Storiche. Il Tempo è quello di “trasmissione di una semiologia”.

Si è discusso per sapere se la linguistica appartenesse all’ordine delle scienze naturali o delle scienze storiche. Essa non appartiene a nessuna delle due, ma ad un comparto delle scienze che, anche se non esiste dovrebbe esistere sotto il nome di semiologia, cioè scienza dei segni o studio di quel che si produce quando l’uomo prova a significarsi attraverso una convenzione necessaria. Tra tutti i sistemi semiologici, il sistema semiologico “lingua” è il solo (con la scrittura di cui parleremo a tempo e a luogo) che abbia dovuto ad affrontare la prova di trovarsi in presenza del Tempo, prova non semplicemente fondata nella prossimità di un mutuo consenso, ma anche da padre in figlio per tradizione imperativa e a seconda di quello che può accadere in questa tradizione (cosa peraltro non sperimentata, non conosciuta né descritta). Questo fatto, il primo a poter suscitare l’interesse del filosofo rimane ignorato dai filosofi: nessuno di loro insegna quel che succede nella trasmissione di una semiologia. E questo stesso fatto invece accaparra talmente l’attenzione dei linguisti che sono arrivati a credere, per questo, che la loro scienza è storica o eminentemente storica, mentre non è nient’altro se non semiologica.
[ V. 19 (Semiologia), Vecchi documenti. Altri scritti di linguistica generale, pag. 262 ]
2. Semiologia e Collettività. Saussure rifiutava l’approccio logico e psicologico di una “ragione interiore, una ragione fatta all’immagine della nostra ragione individuale che continua a governare il rapporto del segno e dell’idea”. Qualunque sistema di segni, lingua compresa, contiene al suo interno la collettività a cui appartiene, come un vascello che va per mare.

La lingua o un qualunque sistema semiologico non è il vascello che si trova in cantiere, ma è vascello che va per mare. Dal momento in cui ha toccato il mare, pensiamo invano di poter dirne la rotta col pretesto che conosciamo esattamente il fasciame di cui è composto, la sua costruzione interna secondo progettazione. […]
È solo il sistema di segni diventato cosa della collettività che merita il suo nome, che è un sistema di segni: perché da questo momento l’insieme delle sue condizioni di vita è talmente diverso da tutto quel che può costituire fuori di questo che il resto appare senza importanza. E si può immediatamente aggiungere: che se questo ambiente della collettività cambia tutto per il sistema di segni, questo ambiente è anche fin dall’origine il vero luogo di sviluppo verso cui tende dalla nascita un sistema di segni: un sistema di segni che è propriamente fatto per la collettività come il vascello per il mare. È fatto solo per intendersi tra tanti o molti e non per intendere se stessi. È per questo che in nessun momento, contrariamente alle apparenze, il fenomeno semiologico qualunque esso sia lascia fuori di sé l’elemento della collettività sociale: la collettività sociale e le sue leggi è uno degli elementi interni e non esterni, secondo il nostro punto di vista.
Arrivati a questo punto, vediamo definirsi meglio, precisarsi meglio l’orizzonte della semiologia, poiché a tutto ciò che somigli al segno rifiutiamo una natura basata sulle condizioni individuali o più esattamente noi riconosciamo come semiologica solo la parte dei fenomeni che si presenta caratteristicamente come un prodotto sociale.
[ V. 5 (Sistema di segni – Collettività), Nuovi Documenti. Note preparatorie per il corso di linguistica generale, pag. 289 ]
La stessa nozione di Valore, lascito irrinunciabile del grande semiologo, è pensabile solo in ambito collettivo. Si noti che Saussure non parla di società, come i sociologi durkeimiani dei tempi suoi, ma di Collettività.

[…] Quale che sia la sua natura più specifica la lingua, come gli altri sistemi di segni è in primo luogo un sistema di valori e ciò fissa il fenomeno nella sua collocazione propria. In effetti ogni specie di valore pur utilizzando elementi molto differenti ha la propria base nell’ambiente sociale e nella potenza del sociale. È la collettività che è creatrice del valore, il che significa che questo non esiste prima e al di fuori di essa, né nei suoi elementi disarticolati né negli individui. […]
[ V. 6 (Valore – Collettività), idem, 290 ]
A rischio di solecismo, ho tenuto a evocare la lettera, la prima mano di Saussure, sottoposta a troppe intercettazioni, interpolazioni e travisamenti. E per sottolineare che nella voce Treccani, redatta dal punto di vista della linguista, l'”orizzonte semiologico” serve prevalentemente per cogliere meglio “le peculiarità delle lingue e del linguaggio”. Quando affronta la semiologia, dopo aver giustamente collocato il ruolo di L. Hjelmslev, gli altri riferimenti possono sorprenderci.

[…] anche grazie all’avanzamento degli studî di semiologia (L. Prieto), di critica della semiologia (E. Garroni) e di linguistica teorica (E. Coseriu, N. Chomsky), si è venuta ricomponendo e delineando un’immagine nuova del pensiero saussuriano.
Si tratta di testi – Coseriu, Prieto, Garroni – pubblicati tra il 1962 e il 1977. Quanto a Chomski, riconosco l’agiònimo – nome santino – ma anche il rimprovero rivoltogli dal suo maestro, il semiotico N. Goodman, di essere programmaticamente insensibile a sistemi di segni non linguistici! La semiotica, non quella di osservanza peirciana, ma hjelmsleviana ha compiuto fino ad oggi un percorso coerente a partire dall’articolo di A. J. Greimas, Attualità del Saussurismo del 1956 (mentre R. Godel pubblicava, nel 1957 le Sources manuscrites du Cours de linquistique générale)3. Una distrazione o censura che porta su oltre mezzo secolo di ricerca. Una liponimia, tropo che figura l’impegno di non usare di certi termini o nomi nella scrittura di un testo? L’ovvia sentenza alla prossima redazione della Treccani?
Poiché viviamo ormai nell’iperspazio della telepresenza, una storiografia non perentoria trarrà profitto dal seminario del 2010 – presso la cattedra di Semiotica della Sapienza di Roma a cura di I. Pezzini e mia – dedicato alla pregnanza semiotica del nuovo corpus-centone saussuriano. E al fiotto di studi e ricerche che, a partire dal seminario ginevrino del 2007, Révolutions saussuriennes, ha sottoposto lo (pseudo-)strutturalismo del CLG ad una mutazione epistemologica di grande portata4. C’è chi giunge a definire l’enigmatico Cours uno “pseudo Saussure” (Jakobson), concluso da una frase apocrifa: “la langue en elle-meme et par elle-meme” (F. Bopp, 1816).

Concludiamo. A partire da una recisa equivalenza: “Semiologia = morfologia, grammatica, sintassi, sinonimia, retorica, stilistica, lessicologia ecc. (in quanto il tutto è inseparabile)”5. Emerge una semiolinguistica saussuriana, da prefissare a piacere con neo- o post-. Davanti al “fallimento teorico e pratico del chomskismo”, alla “debolezza descrittiva del cognitivismo”, e all’aneddotica ordinaria della pragmatica”6, il legato centenario del centone di Saussure mette a disposizione la base semantica e la complessità semiotica richieste dalle ricerche sulla testualità e i generi discorsivi, sulla narrativa e la poetica.
Nella secolare ricorrenza, la modernità riflessiva degli studi semiotica ritorna all’episteme d’avanguardia del centone saussuriano: una nuova oggettività senza fondamenti ontologici, contemporanea della fisica relativista e delle arti futuriste. E si attende nuovi sviluppi di cui non abbiamo gli oroscopi. Sviluppi urgenti per rimediare all’aritmia tra entusiasmi (trascorsi) e depressione (in fieri) e per scandire, come è compito di ogni anniversario, i ritmi lunghi delle discipline della significazione.


Note

  1. Dai manoscritti del 1966 ceduti dagli eredi all’università di Harvard, poi parzialmente pubblicati dal greimasiano H. Parret, ai testi sugli anagrammi e sulle leggende germaniche, emersi negli anni 80; fino al fortunoso ritrovamento nel 1996 degli inediti, in particolare l”‘Essenza doppia del linguaggio”. V. per le ricerche italiane F. de Saussure, Scritti inediti di linguistica generale, a cura di T. De Mauro, Laterza, Roma, 2005. torna al rimando a questa nota
  2. F. de Saussure, Ecrits de linguistique générale, a cura di S. Bouquet e R. Engler, Gallimard, Paris, 2002. E traduco io a futura memoria: il 2016? torna al rimando a questa nota
  3. “Attualità del saussurismo” sta in Miti e figure, a cura di F. Marsciani, Progetto Leonardo, Bologna, 1996. E l’introduzione a E. Benveniste, Essere di Parola, a cura di P. Fabbri, B. Mondadori, Milano, 2009. torna al rimando a questa nota
  4. V. tra i tanti, AA.VV., Saussure, Ed. de l’Herne, Paris, 2003, a cura di S. Bouquet; M. Arrivé, À la recherche de F. de Saussure, PUF, Paris, 2007. torna al rimando a questa nota
  5. T. De Mauro, op. cit, pag. 45. torna al rimando a questa nota
  6. F. Rastier, “Lire les textes de Saussure”, Langages, 2012/1, n° 185, numero dedicato all’eredità saussuriana. torna al rimando a questa nota
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