Cricca


Da: Alfabeta2, n. 2, settembre 2010.


L’Accademia della Crusca ha deliberato: tra le ultime parole con diritto di cittadinanza nelle nostre bocche ci sono termini tecnici come Cartolarizzazione, Sitografia, Videofonino e termini “politici” come Bipartisan, Bioterrorismo, Non o no- global e, in una nuova accezione, Girotondo.
Le parole che circolano però con più frequenza nelle conversazioni, nei faldoni giudiziari, nella stampa e in rete sono termini già noti, ma arricchiti da nuovi significati e riferimenti: Cricca, Casta, Furbetti del Quartierino. Riguardano tutti il campo semantico che designa raggruppamenti di persone orientate verso l’acquisizione di beni e denari altrui; con una predilezione per quelli pubblici, a cui peraltro non contribuiscono colle proprie tasse. Con vocazione all’eufemismo, c’è chi li chiama gruppi di pressione, forse perché non bevono birra in bottiglia.
Cricca, Casta, Furbetti del Quartierino sono parole che ne sostituiscono altre, diventate impronunciabili.
Classe, già frequentatissima, serve solo a designare cilindrate di motociclette e posture di celebrities. Tra i suoi derivati, classifiche è ormai termine sportivo; i classici hanno lasciato il posto ai fondamentali e anche la class action non è proprio lotta di classe.
Congrega si presenta solo nella religione – congregazioni con proprietà immobiliari – e, sempre nello sport, con i gregari.
Ceto viene dal latino coi-ire, “andare assieme” e ha una radice in comune con coito; un vocabolo poco presentabile anche se la maggioranza degli utenti maschi e adulti di internet non è d’accordo.
Quanto alla Mafia è riuscita a nascondere anche la propria etimologia.
Cricca invece parla chiaro: è connessa allo scrocco e al crac. Scroccone è chi ottiene qualcosa a spese d’altri e la parola crac si è diffusa a seguito di un famoso fallimento bancario (Krach di Vienna 9. Maggio, 1873). La Cricca funziona a scrocco, parola che indicava un dente ad uncino. Il criccante – spero nell’avallo della Crusca – è uno scroccone che addenta, aggrinfia, arraffa ed un futuro fallito.
Casta invece ci meraviglia. Pretende, etimologicamente, alla castità, alla purezza e alle mani pulite! Possibile? Non so come stessero le cose nella Roma classica da cui proviene il suono della parola, ma non il senso, almeno a giudicare da oggi. Allora nomina non sunt numina? La parola non è più sacrosanta?
Spieghiamoci mettendo un bemolle alla fiducia nelle etimologie. I tedeschi non sono cugini germani e la transumanza non ha niente a che vedere col postumano. Il bikini non è il doppio del monokini (è il nome di un atollo polinesiano dove esplose la bomba atomica) e il cata– di catamarano non ha niente a vedere con quello di catarsi. Anche l’atomo, “indivisibile” per i greci, è stato spezzato infinite volte e la stessa parola etimologia, che i latini traducevano veriloquium, è infedele al suo nome, come si è dimostrato. Etimologia è un arcaismo del senso, ma non ne segnala l’origine, Ne commenta invece e modifica il percorso: è una figura retorica.
Per capire il controsenso di Casta, bisogna affidarsi quindi alla “attrazione parasinonimica”, formula deliziosamente pedante per additare termini che hanno quasi lo stesso senso. Come i Furbetti del Quartierino appunto, che non si limitano a scroccare i quattrini dei quartieri ma di intere città. (Loro abitano, di preferenza, nei castelletti bancari di esotici paradisi fiscali: vai a sapere perché mai li chiamano immobiliaristi quando sono capaci di tanta mobilità di capitali!). Furbo infatti viene da forbire, cioè da ripulire con scrupolo le tasche altrui. Qui sta il busillis: la Casta è forbita perchè si ritiene intoccabile anche dopo aver ripulito le tasche altrui. In un paese naturalmente trasformista numina sunt daemona.
Noi continuiamo comunque a contare, per la Casta, su di un derivato linguistico di scarso impiego: il Castigo. E per legge di attrazione invochiamo lo stesso per i Furbetti e la Cricca.

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