Il memento opportuno


Introduzione a René Thom, Strutture cicliche in semiotica, working paper del Centro Internazionale di Studi Interculturali di Semiotica e Morfologia, Urbino, 2010.


Un memento opportuno

Le storie disciplinari sono ricche di momenti importuni. Dismissioni, respingimenti di concetti e modelli sono accompagnati dalla distribuzione di prefissi con pre-, neo-, post- d’improbabile valore euristico. Pregnante invece, per il futuro della ricerca, è quanto di saliente si riscontra e sceglie nel passato; altrimenti la memoria è clichè. Il tempo della ricerca va dall’avvenire al passato per tornare al presente.
Per questo, nel 2006 avevo pubblicato nella collezione Segnature un’antologia dei testi pubblicati da R. Thom nell’arco di vent’anni (1970-1990) sotto la rubrica “semiologia”: la testimonianza completa, la sola esistente, della sua ricerca persistente sui sistemi e i processi di significazione.
I saggi raccolti in questa antologia testimoniano che l’opera sistematica e singolare, rigorosa e molteplice che si è conclusa con un’Esquisse d’une sémio-physique, è orientata verso “la ricerca delle forme significanti”, nel quadro d’una “teoria generale dell’intelligibilità”.
Del morfema “semiofisica” – neologismo e meta-semema – si può accentare l’uno o l’altro elemento del formante: il prefisso “Semio-” o “Fisica”, focalizzando una fisica del senso o la significazione dei processi naturali. L’originalità dell’approccio infatti non risiede nella spiegazione, ma nella ricerca dei diversi modi per “presentare” la molteplicità e la singolarità naturale di stati, processi ed effetti di senso. Thom infatti riconosceva il suo “interesse essenziale nello studio del linguaggio e delle scienze qualitative, non matematizzate, fondate sul linguaggio”.
Al momento della sua pubblicazione, per inettitudine editoriale, è mancato all’antologia uno dei contributi più notevoli, Structures cycliques en sémiotique, apparso in Actes sémiotiques, vol. V, n. 47-48, 1983 e ripreso, con un articolato commento, in Thom (1990).
Questo testo ha condotto finora una esistenza virtuale in E/C, rivista on line dell’AISS, Associazione italiana di Studi Semiotici, per attualizzarsi ora in formato cartaceo pre-print, in vista di una definitiva realizzazione editoriale.
Una pre-pubblicazione che potrebbe sembrare fuori tempo e luogo all’occasione del convegno internazionale “Semioscienze e morfoscienze”, che si terrà a Urbino dal 2 al 4 settembre 2010 come prima attività del nuovo Centro internazionale di studi interculturali di Semiotica e Morfologia.
Crediamo invece che si tratti di un opportuno memento per togliere alcune parentesi e lasciar spandere il loro contenuto. L’alleanza, non nuova, tra Semiotica e Morfologia, va ravvivata e consolidata da un ripensamento prima, poi da una ri-concezione.
Da una ponderazione – pensare è pesare – della teoria semiotica in rapporto alla teoria delle catastrofi poi alle semioscienze.

1. Ripensamento

Nell’introduzione del 90, Thom traccia un quadro tuttora condivisibile delle diverse posizioni della semiotica negli anni Ottanta: il programma incontrollato di semiosi illimitata di T. Sebeok, le personalizzazioni di Barthes ed Eco, l’impegno di A. J. Greimas – il primo direttore del Centro di Semiotica e Linguistica di Urbino – e della sua scuola. Per apprezzarne la posizione non va dimenticato che Thom giunge alla semiotica tramite la linguistica, partendo da una critica dalla teoria dell’informazione e del modello logico di C. S. Peirce, che lo conducono fino alle ricerche sul quadrato semiotico e la narratività. Il punto di convergenza con la semiotica generativa è stato l’approccio alla sintassi come struttura significante (i “concetti grammaticali” di Jakobson) e la semantica dei casi di Tesnière e Hjelmslev. Con una teoria energetica degli attanti – attrattori nella costruzione di morfologie di senso relativamente stabili – Thom converge, attraverso la mediazione di J. Petitot, con la ricerca di di A. J. Greimas. Va sottolineato, in entrambi, una visione non ontologica ma contrastiva della significazione (il saussuriano “plesso di differenze”) e una versione “agonistica” delle forze nei processi di senso. Inoltre, per quanto riguarda la componente sintattica della teoria narrativa, essa costituirebbe per entrambi il primo passo rigoroso verso una tassonomia delle azioni.

1.2

R. Thom era stato presente alla prime attività del Centro di Semiotica e Linguistica di Urbino (1971), e aveva insistito sulla necessità dello schema catastrofista per approfondire i fondamenti della teoria semiotica e dotarne l’impalcatura logicista e formale di un sostrato dinamico. Nell’83, per contro, è proprio il carattere geometrico del quadrato semiotico di Greimas a fondarne lo status teorico e l’efficacia euristica. Nelle Structures cycliques en sémiotique, il grande matematico ha ritrattato infatti alcune critiche al modello elementare della significazione (“nella sua veste logica sta tutto l’interesse del quadrato semiotico”, Thom 1990, p. 68) e ne ha dato una traduzione “catastrofista”. Per Thom, infatti, la morfologia canonica del “quadrato” (la coincidentia oppositorum dei termini complessi) esprime l’oscillazione dei valori e si converte in una sintassi attanziale centrata sulla circolazione dell’oggetto-valore. Un Modello Dinamico, descrivibile come circuito di Isterisi – struttura ciclica periodica reversibile – e trascritto dalla catastrofe detta Fronce.
Il riconoscimento di un diagramma – formula paradigmatica di relazioni e proporzione dinamica di percorsi – che data ormai di un quarto di secolo, sembra inattuale, ma per Thom le ipotesi migliori sono le meno verosimili. Va collegato alla ridefinizione del ruolo della Teoria delle Catastrofi nell’impresa concettuale di R. Thom, cioè all’ammissione del loro valore non predittivo ma modellizzante. Un’affermazione ancora sorprendente per alcuni: “Per me il concetto di catastrofe è un concetto di fenomenologia, non un concetto di matematica”. Il dispositivo catastrofista ha valenza fenomenologica e il valore semiotico di una batteria di modelli. Un’ermeneutica dunque non introspettiva e affiancata da una metodologia qualitativa. Comprensibile che Thom condividesse l’opinione positiva di un filosofo ermeneuta come P. Ricoeur quanto alla caratteristiche paradigmatiche e sintagmatiche – posizioni interdefinite e percorsi regolati – iscritti nella formula quadrato semiotico.

2. Riconcezione

Il Centro di Semiotica e Linguistica di Urbino ha assicurato la permanenza di questo progetto che assegnava alla semiotica un punto di vista coerente sul senso, per trasformarlo in significazione articolata attraverso lo studio morfo-dinamico dell’espressione e dei contenuti dei linguaggi. E l’orientamento, hjelmsleviano e greimasiano, di operare “in vista” della scientificità. (V. il convegno urbinate, diretto da P. A. Brandt, dedicato alla “Semiotica di René Thom”, luglio 2005).
Nella riflessione di Thom, la teoria generale e generativa della intelligibilità ha però effettuato “un’altra partenza“. L’ispirazione resta semio-linguistica: Pregnanza e Salienza infatti sono nozioni costruite sul modello semiotico di presupposizione reciproca – ma non arbitraria – tra significante e significato. Il campo della loro estensione, che è quello delle Semio-scienze, investe le regolazioni biologiche e quelle umanistiche: dalla zoo-semiotica alla semiotica della cultura.
Il nuovo Centro di di Semiotica e Morfologia intende muoversi nella direzione di questo dialogo interculturale e transdisciplinare: coniugare semiotica e morfologia per proseguire e perseguire i lavori di costruzione dei “ponti abitati” che Thom ha gettato tra le rive del fiume del senso, tra le matematiche qualitative e le discipline della significazione e della cultura.
Si pensi oggi, contro ogni deriva “naturalistica”, al ruolo che linguaggio e cultura giocano nella strutturazione filo- e ontogenetica della evoluzione cerebrale: dove le menti ritrovano le mentalità.
E al ruolo delle arti, alla cui analisi morfogenetica Thom ha portato contributi originali quanto quelli dedicati alle scienze. Come nel caso della pittura (le cornici e i contorni, i dettagli e i frammenti) e delle morfologie in movimento nel balletto, con il suo coreografo “semiurgo”.
Per Thom infatti, la dimensione della pregnanza non è quella della verità ma della significazione. Questo spazio di senso si lascia percorrere in direzioni opposte: la scienza “scenderebbe” verso una regolazione strutturale delle pregnanze, mentre l’arte ne risalirebbe il corso, liberandoci dalla loro “strettoie”, e giocando col simbolismo affettivo e col piacere delle esperienze alternative.
A differenza di molte filosofie empiriche, sprovviste di strumenti analitici e di metodi descrittivi, il convegno “Semioscienze e morfoscienze” propone una nuova entrata in vigore e rigore.
Il testo che presentiamo è un opportuno memento.


Bibliografia

Thom R.
Morfologia del semiotico, a cura di P. Fabbri, Meltemi, Roma, 2006
Structures cycliques en sémiotique, Actes sémiotiques, vol. V, n. 47-48, 1983; poi in R. Thom, Le strutture cicliche in semiotica, EC, rivista on line dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici (AISS)
Apologie du Logos, Paris, Hachette, 1990
Prédire n’est pas expliquer, Paris, Flammarion, 1991
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