OIHCCEPS: il ritmo degli specchi


Da: Catalogo della mostra di M. Pistoletto, Les péchés de jeunesse, a cura di F. Mancini, Galleria Franca Mancini, Pesaro, 2001.


1.1

La musique est un prodige de plus, qui donne de la vraisemblence à tous les autres.
(Chabanon, “De la musique”)

Dobbiamo porre l’imitazione in musica tra i peccati del vecchio Rossini?
Un testimone racconta che, in una conversazione con Wagner, Rossini avrebbe preso una posizione diversa.
“Chi potrebbe, in un’orchestra travolgente, precisare le differenze di descrizione tra una tempesta, una sommossa, un incendio… È sempre una convenzione!”.
C. Lévi-Strauss, che cita l’episodio, non è soddisfatto dalla riposta e preferisce le posizioni di teorici settecenteschi come Chabanon e Morellet. Aggiunge però: “D’accordo: un ascoltatore non avvertito non saprebbe dire se in Debussy o nell’ouverture del Vascello Fantasma si tratta del mare. Il titolo ci vuole: ma se lo conosciamo, ascoltando La mer di Debussy, finiamo per vederla e ascoltando il Vascello fantasma ne sentiamo l’odore”.
Così, una volta nominato, il petit train di Rossini porta con sé tutta la sequenza narrativa del viaggio “di piacere”. Come osserva Cagli, dalla partenza all’incidente, dal fischio al segnale d’allarme, il trenino si spiega precisamente a tutti i nostri sensi. Il genere ‘comico’ della composizione non toglie nulla alla perspicacia del compositore, la modula soltanto. Il treno infatti ha introdotto nuovi sensi e ritmi nella vita del XIX secolo: ha infuso una nuova motricità alla circolazione delle persone e del denaro, delle pulsioni e delle informazioni. Dall’equilibrio del mondo neoclassico – tutto statue e “statori” – si passa alla termodinamica delle macchine e dei “motori”. È la nuova lingua del fuoco che introduce nell’orologeria ancien regime quello scarto di potenziale che si trasforma in energia. Finisce l’antica reversibilità delle macchine fredde e fa irruzione il tempo dell’irreversibile, una circolazione ‘a catastrofe’ – il pistone e lo stantuffo – che inventa contemporaneamente la storia e l’entropia. E il simbolo e il diavolo d’un’epoca.
Con humour e distacco Rossini tira un segnale d’allarme: lo scarto dall’equilibrio rappresenta la morte per incidente delle macchine neoclassiche. Il nuovo mondo è quello delle macchine a vapore e delle rotaie, che cambia territorio e città e da cui nasceranno poi le avanguardie, da Turner a Satie fino ai Futuristi. (Penso all’ispirazione Rossiniane nel Jeu de cartes di Stravinski!) Stendhal racconta che Rossini, davanti ad un gruppo scultoreo aveva manifestato il desiderio di animarlo, di metterlo in musica. Alla fine della sua vita, intuisce, tra il divertimento e la ripulsa, che il treno presenta una diversa “cinematica della circolazione” e infonde alla vita un nuovo ritmo. Questa termodinamica è una filosofia dei motori ed il motore sconcertante di una musica a venire.

1.2

L’uomo può parlare servendosi dei fiori, degli aratri o delle locomotive. In Krazy cat, Ignazio si serve dei mattoni.
(McLuhan, “Gli strumenti del comunicare”)

Il treno è motore di suoni e d’immagini. Allo stupito viaggiatore contemporaneo di Rossini forniva una successione scandita di “scene liete, scene tristi, intermezzi comici, brillanti fuochi di artificio” (B. Gastineau, La vie en chemin de fer, Paris, 1861). Deve molto al treno anche lo stile spezzato di Flaubert, con le sue descrizioni di paesaggi urbani o di campagna visti con gli occhi di personaggi imbarcati in convogli ferroviari.
Omnis vagans formatur imago: tutto ciò che si muove diventa anch’esso supporto e riflesso d’immagine. Il diorama di Daguerre, per es., un condensatore della successione d’immagini la cui forma è omologa al treno e un anello della catena tecnologica che porterà al cinematografo. Il petit train rossiniano dovrebbe accompagnare la silenziosa entrata del treno de la Ciotat, con cui i fratelli Lumière inaugurano il film.
Le avanguardie letterarie conoscono bene questa capacità del treno di portare e di riflettere immagini come uno schermo o come uno specchio. Il treno di Palazzeschi: “Dietro qualche vetro/ Qualche viso bianco/ Qualche gesto lesto/ Qualche riso stanco”. O i treni notturni di Gadda nel Pasticciaccio, portatori di occhi come topi/topazi, o di Chodasevic: “Nello spessore di un vetro straniero/ Nei finestrini dei vagoni si riflesse/ La superficie del mio tavolo -/ E penetrando in una vita altrui,/ Improvvisamente, con disgusto, riconoscerò/ La mia testa senza vita, decapitata,/ Notturna”.

2.1

Anche a Pistoletto l’imitazione musicale del trenino rossiniano ha ispirato il veicolo e l’immagine: la Bicicletta e gli Specchi.
Per chi è attento agli effetti simbolici delle tecniche e alle condizioni tecniche del simbolismo, è curioso notare che la bicicletta, arnese semplice e complicatissimo, è stata inventata dopo il treno ed ha partecipato a tutte le innovazioni della modernità, dall’arte cinetica al Femminismo. Rivelatore sociale e acceleratore politico, il cavallo d’acciaio ha individualizzato – con lo sport e il trasporto -, le conquiste democratiche: dal turismo al patriottismo geografico del Giro di Francia o d’Italia. Ma è anche uno strumento che per McLuhan anticipa il volo. Con la bicicletta “la ruota unita al principio visivo della linearità mobile (si…) sollevò al piano dell’equilibrio aerodinamico e creò, non troppo indirettamente, l’aeroplano”. È sempre all’autore di Understanding media che dobbiamo un’osservazione sul ruolo della bicicletta nella letteratura dell’avanguardia. In Samuel Beckett è lo strumento di tutte le buffonerie. Il ciclista, in equilibrio precario tra mente e corpo sarebbe “il simbolo primo della mentalità cartesiana” e la sua progressione lineare mima la forma di una indipendenza d’azione ingegnosa e decisa. Per Beckett invece “l’individuo integrale non è l’acrobata in bicicletta, ma il clown” che ne mima il razionale e limitato specialismo con una elaborata, globale e drammatica incompetenza.
Per comica e imitativa che sia, l’idea di Pistoletto di un manubrio-spartito suggerisce una riflessione sulla flessibilità interpretativa delle tecniche. Queste non si misurano sulla funzione ma sull’arresto concordato nella fuga delle finzioni. La bicicletta è il risultato della chiusura di una serie di variazioni tecniche e sociali (come il sesso o l’età). Ma l’arte ha sempre il potere di riaprire il negoziato di senso: come Picasso – che vedeva nei manubri dei velocipedi le mitiche corna del toro- cosi’ Pistoletto col suo spartito-manubrio riapre un capitolo visivo e musicale nell’epoca delle bicliclette a cruscotto elettronico e del walkman! Tout ceci – direbbe Rossini – est plus que naif, c’est vrai.
Ci spiace che Pistoletto abbia rinunciato al suo progetto “clownesco” di letture di spartiti rossiniani installati su biciclette in movimento (c’è il rischio della statua!). Ma il movimento ritorna negli specchi e ne fa un’Opera.

2.2

allo specchio annerito che ti vide / diversa una storia d’errori / imperturbati e la incide / dove la spugna non giunge…
(Montale)

Molto si è detto e si dirà degli specchi di Pistoletto (anche se una delle interpretazioni più sottili ci sembra una fotografia di Mulas!). Se è vero che lo specchio vuoto sogna solo se stesso, è vero anche che la sua natura morta (per De Chirico “vita silente”) si anima sotto lo sguardo. A. Bonito Oliva ha ragione di marcare il passaggio dal silenzio degli specchi alla musica, attraverso il rumore della vita. (Nella musica contemporanea ricordo un Narciso di B. Britten, fatto – come la vita appunto – di simmetrie lievemente sbilenche!)
Lo specchio di Pistoletto è come uno spartito che attende di essere eseguito da chiunque vorrà entrare nel gioco pronominale della sua enunciazione. L’Io e il Me; l’Io e l’Io rovesciato, il Tu; l’Io e Lui. Non basta guardare l’immagine “incisa” in superficie. Come i personaggi di Cocteau, bisogna immergersi nella profondità dura e fragile dello specchio. Per tornare, con il sentimento borgesiano che il gioco infinito delle riflessioni non è solo dentro la superficie riflettente, finestra in cui siamo affacciati verso noi stessi. Anche fuori, la nostra presenza si sdoppia e si moltiplica. La vita diventa “ombra mercuriale”, finzione e sogno. Da entrambi i lati del vetro, la presenza dell’osservatore è un anello nella catena illimitata delle riflessioni. Per questo forse i filosofi ipotizzano che il narcisismo contemporaneo non stia nello specchiarsi, ma nel farsi specchio per gli altri!
Si dice che gli specchi non riflettono mai abbastanza, ma quelli di Pistoletto, grazie a questo via-vai speculare a cui gli strumenti rossiniani danno il ritmo, offrono orecchie ai nostri occhi.


Bibliografia

“La Bicyclette” (a cura di C. Bertau-Lavenir), Cahiers de médiologie, n. 5, Gallimard, Paris.

C. Lévi Strauss, Regarder, écouter, lire, Plon, Paris, 1993.

E. Michotte, Souvenir personels. La visite de Wagner à Rossini, Fischbacher, Paris, 1860.

J. Miller, On Reflexion, National Gallery Pub., London, 1988.

W. Schivelbusch, Storia dei viaggi in ferrovia, Torino, 1988.

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