Introduzione a Morfologia del semiotico di René Thom


Da: René Thom, Morfologia del semiotico, a cura di P. Fabbri, Meltemi, Roma, 2006.


 

La voce della realtà è nel senso del simbolo.
René Thom

I tempi che corrono sono leggeri e le cose più gravi affondano in fretta. Sembra il caso della ricerca di René Thom, il grande matematico e morfologo strutturale al cui nome e reputazione è legata la Teoria delle Catastrofi (TC). Tocca allora al semiologo riportare oltre la linea di galleggiamento, e avviare a nuova rotta, la figura di prua di un’opera sistematica e singolare, rigorosa e molteplice che si è conclusa con un’Esquisse d’une sémio-physique.
Abbiamo qui raccolto un gruppo di testi, pubblicati da Thom nell’arco di vent’anni (1970-1990) e raccolti in libri di vasto respiro scientifico, sotto l’esplicita rubrica di “semiologia”. Con l’eccezione delle ardue Structures cycliques en sémiotique (apparso sugli «Actes sémiotiques», vol. V, n. 47-48, 19831), questi testi sono la testimonianza completa e la sola raccolta esistente d’una ricerca continuata da questo celebre matematico sui sistemi e i processi di significazione. Oltre le diversioni e le divagazioni, emerge da questi contributi un dispositivo quadro e un orientamento prezioso per la semiotica: la quale, mai come oggi, ha bisogno di una delimitazione autocritica del suo progetto. Alla presente incultura disciplinare, espressa in introduzioni contraddittorie e confuse antologie, non si pone rimedio accumulando speculazioni filosofiche, ma effettuando, nella immediata tradizione degli studi, scelte rese rilevanti da un progetto sistematico. Si deve anticipare sull’avvenire della ricerca per regolare i conti col passato.
È noto che il progetto di René Thom si collocava “nella grande tradizione filosofica e metodologica delle scienze e in particolare delle scienze umane. In quelle dello strutturalismo […] (Saussure, Jakobson, Hjelmslev, Lévi-Strauss, Greimas, Chomsky) di cui lo schema catastrofista approfondisce i fondamenti, fornendo all’impalcatura logicista formale un basamento dinamico che le faceva difetto”. Questo progetto assegna alla semiotica un punto di vista coerente sul senso, e il compito di trasformarlo in significazione, attraverso lo studio morfo-dinamico dell’espressione e dei contenuti dei linguaggi. E si colloca tra i discorsi e le pratiche di senso che sono oggetto delle scienze dell’uomo, a cui si offre non come canone, ma come un Organon, un cantiere di modelli per acquisire e allargare l’ambito dei nostri saperi2.

1. Della collocazione disciplinare della semiotica, il grande topologo Thom, medaglia Fields delle matematiche, ci ha tracciato una mappa accurata, ricca di icone e di legende. Una Carte du tendre delle discipline hard e soft, delle scienze umane e di quelle naturali. I diagrammi, icone di relazioni, hanno una funzione mnemonica, riflessiva e retorica. Gli elementi della Mappa di Thom (MT) – montagne e colline, mari e torrenti, fiumi e paludi, ma anche città, templi e fortezze, sentieri e viali – sono distribuiti nello spazio costruito dalle coordinate cartesiane che portano in ordinata la Significanza e l’Insignificanza e in ascissa la categoria Vero/Falso. Per Thom, infatti, il progetto conoscitivo verte sul grado di veridicità degli enunciati, ma soprattutto sul loro interesse e rilevanza di senso. Nella MT l’orientamento degli assi segnala delle scelte epistemologiche, assegnando per es. alle scienze sperimentali (alla biologia in particolare!) il massimo di verità e il minimo di significazione. La città della Scienze Umane e delle Arti, costeggiata dal Viale dei Tropi, sorge oltre il Fiume del Senso che scorre, al centro del territorio epistemico, dagli alti rilievi del significato (il Paradosso, l’Assurdo) verso i bassopiani, le paludi e al mare dell’insensato (l’Ambiguità e le Letterature postmoderne!). Sulla riva opposta, si leva il Tempio delle Matematiche, collegato con la Rampa della Logica alla Fortezza delle Tautologie e alla palude di La Palice. Mentre il Massiccio della Poesia, a parità grado di veridicità, è molto più significativo di quello della Realtà!
Il semiologo abita attualmente la Metropoli delle Scienze umane e delle Arti, rassegnato a una minor veracità e lieto d’una maggior sensatezza. Ma ha vocazione girovaga e itinerante: quella di seguire tutti i flussi di senso in un campo di vettori dove si distruibuscono “singolarità accidentali”3. Il corredo figurale della MT – epistemologia cartografata – è una condizione evolutiva della sua curiosità. Le carte, come la MT, collocano luoghi e non luoghi, dettano orientamenti e percorsi. Il semiologo, pur accettando il piano di consistenza territoriale della MT e alcuni dei suoi crodi (percorsi obbligati), si riserva quindi di praticare le proprie deterritorializzazioni, di cambiare traiettorie e racconti. E, in primo luogo, di proseguire i lavori di costruzione dei ponti abitati che Thom ha gettato tra le rive del fiume del senso, tra le matematiche qualitative e discipline della significazione e della cultura.
Il progetto scientifico di Thom non mira a un’enciclopedia unificata delle scienze naturali e “innaturali”, che, per il senso d’una parte del termine (“ciclo”), sarebbe dotata di un solo centro. Preconizza invece una “ellittopedia”, una figura ellittica provvista di due fuochi: umano e “disumano”. Il morfema “semiofisica”, neologismo e meta-semema, può essere letto allora accentuando un elemento del suo composto: Semio o Fisica. Si può focalizzare cioè una fisica del senso o la significazione dei processi naturali: la fisica e i linguaggi. I saggi raccolti in questa antologia testimoniano che il pensiero semiotico di Thom si è orientato in quest’ultima direzione, verso “la ricerca delle forme significanti”, costitutive d’una “teoria generale dell’intelligibilità” (SF). Per sua esplicita ammissione, la TC, priva di capacità predittiva, non fa parte delle matematiche ma di un’ermeneutica non introspettiva, affiancata da una metodologia. Il dispositivo catastrofista, di delicata applicazione nelle scienze umane, ha valenza fenomenologica e il valore semiotico di una batteria di modelli4.

2. La SemioFisica ha il suo “interesse essenziale nello studio del linguaggio e delle scienze qualitative, non matematizzate, fondate sul linguaggio”. Thom arriva infatti alla semiotica tramite la linguistica, e fin dai primi scritti ha intrapreso la descrizione morfo-semantica di nodi verbali attraverso grafi di interazioni attanziali (1980a). Il suo interesse per il linguaggio comune e “naturale” deriva da una profonda insoddisfazione per l’aspetto artificiale del formalismo boolelano e l’assiomatica hilbertiana. E corrisponde all’interesse per una fisica che studi la morfologia macroscopica degli osservabili e al sospetto verso una dimensione del realtà, come quella quantica, dove c’è “rottura di simmetria nell’intersoggettività degli osservatori”.
Gli articoli di questa raccolta mostrano come l’approccio “universalista” ai problemi delle lingue naturali abbia condotto progressivamente Thom dalla critica dalla teoria dell’informazione, attraverso il modello di Peirce, fino alle ricerche sul quadrato semiotico e la narratività condotte da Greimas e dalla sua scuola.
Dopo una critica conseguente del concetto di informazione, Thom (1980b) ha intrapreso la verifica del modello trivalente della semiosi di Peirce con particolare attenzione agli aspetti iconici. Ha riassunto la proposizione del segno come rinvio nella frase nucleare “ça sent le brulé: ça (primarietà), sent (secondarietà), le brulé (terzietà) e – pur con qualche perplessità sul carattere “puro” del ça – lo ha mantenuto come un valido schema di diffusione delle pregnanze (Thom 1988: 211). Lo ha applicato infatti ad alcuni comportamenti zoosemiotici elementari – l’esperimento di Pavlov, i sistemi deittici nelle api o i segnali d’allarme nelle specie animali superiori – che sono esempi segnici di ben altro rilievo rispetto alle morte metafore degli scacchi e dei semafori.
Ragioni teoriche generali – il logicismo, l’accanimento tassonomico, l’irrilevanza linguistica e l’incapacità di porre il problema centrale del logos, la stabilità e del mutamento delle forme significanti – hanno condotto Thom oltre il modello di Peirce.
Il punto di convergenza con la semiotica generativa è stato l’approccio alla sintassi come struttura significante (i “concetti grammaticali” di Jakobson) e, in particolare, la semantica dei casi in Tesnière prima, di Hjelmslev poi. Attraverso le implicazioni d’una teoria energetica degli attanti – attrattori nella costruzione di morfologie di senso relativamente stabili – Thom è giunto alla semiotica di A. J. Greimas. Attraverso la mediazione di J. Petitot (1985), Thom ne ha seguito l’intero percorso genetico: dalla definizione del quadrato semiotico fino alla caratterizzazione d’una teoria narrativa. Nelle Structures cycliques en sémiotique ha ritrattato infatti alcune critiche al modello elementare della significazione (“nella sua veste logica sta tutto l’interesse del quadrato semiotico” (Thom 1990, p. 68) e ne ha dato una traduzione “catastrofista”. Per Thom, infatti, la morfologia canonica del “quadrato” (la coincidentia oppositorum dei termini complessi) esprime l’oscillazione dei valori e si converte in una sintassi attanziale centrata sulla circolazione dell’oggetto-valore. Un Modello Dinamico, descrivibile come circuito di isterisi – struttura ciclica periodica reversibile – e trascritto dalla catastrofe detta Fronce. Per quanto riguarda la componente sintattica della teoria narrativa, essa costituirebbe, per Thom, un primo passo rigoroso verso una tassonomia delle azioni. Classificazione urgente per chi ritiene che forma e forza siano in presupposizione reciproca: “l’atto è bordo della potenza come la forma è il bordo della materia. […] L’efficacia descrittiva e le possibilità euristiche del modello di Thom restano da esplorare, poiché, a suo stesso dire, la TC è un metodo puramente qualitativo, senza potere predittivo e possibilità pragmatiche. Va però sottolineato, in Thom e in Greimas, il comune presupposto semiotico d’una visione contrastiva della significazione (un “plesso di differenze”, secondo Saussure) e di una visione “agonistica’ delle forze in gioco nel processo di senso.
Thom è abitato dal demone dell’analogia controllata. Nel suo uso euristico dei modelli, alla ricerca persistente di isomorfismi, anche la morfologia esterna degli organismi viventi è vista narrativamente, come il risultato di meccanismi interattanziali di regolazione. L’equilibrio variabile delle relazioni tra predatori e prede genera il contorno – la pelle, il guscio o la corazza – il quale sarebbe l’arresto “tattico” dell’estensione organica davanti dall’azione ostativa del becco, del dente e dell’artiglio (Thom 1988, p. 139). Si tratta di interazioni di inaspettata complessità, come testimoniano i casi di mimetismo in cui, con un curioso chiasmo zoosemiotico, il predatore affamato si aggira come preda, mentre la vittima si difende mascherandosi da predatore!

3. Questa confluenza di percorsi sulla cartografia malcerta della semiotica enfatizza l’originalità di una SemioFisica che non pretende di spiegare, ma cerca i modi per “rappresentare” la molteplicità e la singolarità naturale di stati, processi e di effetti di senso. Fin dal 1971, Thom aveva proposto, a partire dalla linguistica delle frasi, una teoria generale delle interazioni di oggetti spaziali e dei processi spaziotemporali descrivibili come semantemi complessi (“catturare” “spezzare”, “legare” ecc.). L’ambizioso progetto non si riduce però a “esplorare gli isomorfismi di universi semantici le cui costituzioni hanno una natura linguistica tale che è possibile scomporne i campi semantici come spazi, con frontiere rette da schematismi di tipo catastrofista” (LTC, p. 515). Per uscire dalla riflessività e dalla circolarità della semiotica, alla geometrizzazione del senso si affianca l’ipotesi universalista che “le grandi strutture sintattiche (e narrative) derivano dalla struttura formale delle grandi interazioni della regolazione biologica” (Thom 1988, p. 197). A partire da questo fondamento “protonaturale” – la vita e la morte, il cibarsi e la riproduzione, ma anche la veglia e il sogno – Thom costruisce le rappresentazioni delle forme stabili (i “logoi”) e delle loro morfogenesi.
A questo punto la TC non basta più, e Thom giudica necessaria “un’altra partenza”. Le nozioni a cui approda – Pregnanza e Salienza – sono costruite sul modello semiotico della presupposizione reciproca tra significante e significato. Thom prende però le distanze dal postulato dell’arbitrario segnico, introducendo un punto di vista dinamico e cercando di tener conto delle costrizioni spazio-temporali specifiche. Saliente (S) infatti è ogni forma discreta che si stacca da un fondo di continuo e a cui fa eco nell’organismo percipiente una discontinuità soggettiva a valore breve e transitorio. Pregnanti (P), per contro, sono le forme intrise d’intense valenze biologiche – fame, paura, desiderio sessuale ecc. – con profondi e duraturi effetti “timici” di attrazione e repulsione. Queste pregnanze si propagherebbero come fluidi continui, investendo e infitrando le forme salienti. Queste ultime emetterebbero a loro volta altre pregnanze o “effetti figurativi”, destinati anch’essi a nuove salienze, in una polisemia generalizzata. Non si tratta della semiosi illimitata, e neppure delle inferenze logiche di Sebeok (2003). La combinatoria di questi fattori (S – S; S – P; P – S; P – P) genera infatti una tipologia di collisioni e di ostacoli, confluenze e scissioni che strutturano l’intera sfera del simbolico. Per Thom, il linguaggio articola una predicatività pregnante degli enunciati all’indicatività saliente della enunciazione. Anche la designazione linguistica viene descritta dal modo in cui un significato, associato a un morfema, investe d’una particolare pregnanza le forme salienti dei referenti.
Il gioco delle Pregnanze/Salienze si estende dai segnali degli animali sociali alle strutture grammaticali delle lingue; dalle tecnologie, viste come prolungamento degli organi, alla ritualità sociale; dall’attività raziocinante a quella magica e religiosa. Qui, ad esempio, l’assoluta e infinita pregnanza dell’oggetto-valore provocherebbe l’immobilismo delle formazioni sociali oppure il rallentamento apollineo e l’accelerazione dionisiaca dei riti collettivi (Thom 1987). Nell’uomo, queste rappresentazioni cognitive e affettive (“l’affettività sotto forma di piacere o dolore è il motore di propagazione delle pregnanze”, Thom 1988, p. 27) non sarebbero geneticamente prederminate, ma acquisizioni culturali, legate alle organizzazione sociale e o familiare delle collettività.

4. Questa posizione mette Thom al riparo dalle fughe in avanti di stampo naturalistico che affliggono la scienza e la filosofia del linguaggio. Per Thom, linguista e semiologo, il cervello deve diventare soggetto (Deleuze): cioè, tra il corpo pregnante dell’organismo e quello del soggetto, c’è un'”ansa simbolica” che permette all’io di liberarsi dalle determinazioni delle pregnanze (la soggettivazione) e la costruzione debrayata delle salienze d’un universo oggettivato.
Ma più rilevante ancora per la semiotica è dissipare gli equivoci tra la semiofisica e una fisica del senso. È noto che per Petitot (1990) la TC avrebbe una portata ontologica: nelle scienze dell’uomo, costituirebbe l’oggettività stessa dei fenomeni studiati, attraverso la schematizzazione matematica delle categorie. L’incontro euforico tra descrizioni semanticamente rilevanti, come la teoria narrativa greimasiana e una TC provvista di pregnanze metapsicologiche, produrrebbero ontologie regionali (Petitot, 1994). All’affermazione di Lévi-Strauss (le scienze umane saranno strutturali o niente”), Petitot replica che “le scienze strutturali saranno naturali o niente”.
Da questa tesi filosoficamente ambiziosa, che usa di Thom come un ventriloquo, il grande semiofisico ha preso la distanza e l’agio della sua vocazione scientifica. “Preferisco – scrive Thom – credere a un reale non globalmente accessibile perché di natura stratificata, di cui l’ermeneutica delle TC permetta lo svelamento progressivo delle “fibre” e degli “strati”. E aggiunge: “se è vero che le matematiche si implicano nella fisica […] sembra davvero dubbio che nel caso delle scienze dell’uomo si possa avere lo stesso grado di implicazione”. Le esigenze e gli obblighi teorici non corrispondono: nelle discipline fisiche – magie geometricamente controllate – obiettività e intersoggettività si identificano; in quelle umanistiche gli spazi di intersoggettività restano sempre da “parametrare”.
Allo schematismo speculativo e platonizzante, Thom replica col lessico d’una filosofia naturale caratterizzata da un'”immensa simpatia” per l’Aristotile dei trattati sulla natura. In termini di P/S, il metafisico risale l’albero di Porfirio delle pregnanze verso il motore immobile, fino all’incontro mistico col fluido indifferenziato della pregnanza ultima. Thom vuol ridiscendere invece verso l’esperienza, nella direzione gli effetti figurativi delle Salienze investite5.
Non sta a noi decidere se Aristotile sia un topologo qualitativo e la sua dinamica sia una semiofisica, o del valore speculativo di questa “semi-filosofia” che sembra una demiurgia controllata. Ci basta osservare che la teoria di Thom, insistendo sulla “veracità”di qualunque interessante analogia dal semantismo geometricamente controllato, prende le debite distanze dall’empirismo sperimentale e dalle tautologie del formalismo. L’audacia dei suoi isomorfismi può sconcertare – come l’analogia tra processi linguistici e embriologia, tra la pronominalizzazione e la gastrulazione – ma, per riprendere le sue parole, “le migliori ipotesi sono meno verosimili”.

5. Non è agevole determinare la conseguenze delle ricerche di Thom. La sua presenza nelle scienze dure – dalla fisica alla biologia (AA.VV. 1994) è diffusa e sporadica. In semantica linguistica – contro il cognitivismo sintattico e composizionalista – cresce l’interesse per una descrizione morfo-dinamica – implementata da modelli connessionisti – delle azioni e della polisemia (Wilgden 1999; Victorri Fuchs, Piotrowski). In semiotica l’influenza problematica di Thom si manifesta o trapela a diversi livelli6: nel dibattito sul minimo epistemologico, dove la nozione di pregnanza e salienza è tradotta in termini di valenze e valori; nella presa in considerazione degli involucri (la pelle) delle forme; nella problematica mereologica delle parti e della loro relazione alla totalità; nella rappresentazione grafica dei modelli, con l’abbandono del quadrato – troppo logico? – e la rappresentazione cartesiana dello spazio sostrato degli attributi (Fontanille).
La riflessione semiotica sulle forme e l’esperienza estetica meritano un posto a parte, anche per il possibile incontro con Greimas sulla problematica del gioco e dell’estesia (2005). Come documenta la nostra raccolta, è un fatto saliente che Thom abbia dedicato molta della sua riflessione semiotica alla morfogenesi delle scienze e delle arti. E che vi abbia visto, come Deleuze, il campo privilegiato del dispiegarsi delle forze (“l’arte è ‘spettro’ di un conflitto”) con nuovi effetti conoscitivi e percettivi, determinati da discontinuità catastrofiche e da sottili varianti. Per Thom, infatti, è lo stesso spazio di senso che andrebbe percorso in direzioni opposte: la scienza “scenderebbe” verso una regolazione strutturale delle pregnanze, mentre l’arte ne risalirebbe il corso, liberandoci dalla loro “strettoie”, e giocando col simbolismo affettivo e col piacere delle esperienze alternative. Di un immediato rilievo metodologico e descrittivo sono invece le osservazioni morfologiche sulla pittura (le cornici e i contorni, i dettagli e i frammenti) e quelle morfo-dinamiche sul balletto e il suo coreografo “semiurgo”. Nella danza collettiva, dove le pregnanze in lotta trovano l’unità e gli equilibri di un dinamismo generatore, Thom intravede la traduzione di alcune virtualità spaziali della musica: la tensione ritmica e l’intensità passionale. L’esempio del Bolero come moto semio-fisicamente turbolento coincide singolarmente con la nota analisi di Lévi-Strauss sul mitismo di questa musica di Ravel nella conclusione delle Mitologiche.

6. La semiotica della cartografia ci narra di Cartes du tendre a forma di cuore. Forma figurativa del COR, concordantia rerum omnium, contro ogni autismo disciplinare che è il senso stesso della vasta impresa di René Thom. Non sarebbe l’ultimo dei paradossi che il grande matematico e morfologo lasci proprio ai semiologi la parte più cospicua del suo asse ereditario nello studio delle forme significanti. Nella temperie attuale, le scienze dure hanno stornato l’attenzione dalla TC, la biologia genetista tralascia la morfologia e la linguistica è impigliata a un paradigma naturalizzante. Il progetto strutturale di Thom sembra accantonato o dismesso. Per rimetterlo in gioco e ritrovarne la feconda interdisciplinarità, va spostato l’accento nella parola Semio-fisica. Accentuando, come abbiamo fatto, la particella semio-, ritroveremo risposte a domande che abbiamo smesso di fare e persino l’ordine in cui porle.
In questi scritti sparsi, dove le oscurità tecniche s’intrecciano a luminose intuizioni, non si trovano confortevoli incertezze, né gravose infallibilità. Nella ricerca sui sistemi e sui processi di significazione: il presente è un’ipotesi al di là della quale non si ancora è riusciti ad andare; le ipotesi più stravaganti sono le più promettenti e sostenibili; i dati sono risposte a domande da porre anche in altri modi; i risultati infine sono errori soggetti a revoca. Insomma: niente condizioni trascendentali della significazione e viatici per la scienza, ma strategie e tattiche per la ricerca. Riprendiamo in mano la Mappa di Thom.


Note

  1. È possibile leggerne comunque una versione italiana su «E/C», rivista on linea dell’Associazione italiana di studi semiotici (www.associazionesemiotica.it/ec). torna al rimando a questa nota
  2. Non senza contrasti: cfr. Fabbri 2001, 2002. torna al rimando a questa nota
  3. Deleuze e Guattari distinguono tra scienze “riproduttive” e “itineranti”. Le prime riproducono uno spazio “striato” con un solo punto di vista; le seconde, discipline del prolungamento, non si limitano all’applicazione e verifica delle prime, ma esplorano spazi lisci e multiprospettici, alla ricerca di singolarità e turbolenze. torna al rimando a questa nota
  4. “Per me il concetto di catastrofe è un concetto di fenomenologia non un concetto di matematica” (LTC, p. 37). torna al rimando a questa nota
  5. La riflessione su Aristotile è stata condotta da Thom in collaborazione con Pinchard (1988). torna al rimando a questa nota
  6. Per Aage Brandt ha diretto un Convegno dedicato alla “Semiotica di René Thom” presso il Centro di Semiotica di Urbino nel luglio del 2005. torna al rimando a questa nota

Bibliografia

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